Attualità

Se la vita prospera nella grande isola di spazzatura

di Giada Balloch -


L’isola di spazzatura più grande al mondo ospita un intero ecosistema marino. La plastica diventa amica. Da rifiuto si trasforma in rifugio. La sede di un nuovo habitat studiato da scienziati provenienti da tutto il pianeta. Il Great Pacific Garbage Patch è stato argomento di preoccupazione per molti anni e gli ultimi sviluppi che lo circondano sono sia sconvolgenti che positivi. Situato nel mezzo dell’Oceano Pacifico settentrionale, questo accumulo di immondizia galleggiante raggiunge le dimensioni della Penisola Iberica e cresce ogni anno di più. Tuttavia, recenti notizie hanno rivelato un cambiamento sorprendente: la vita prospera in quella zona. Anche se questo può sembrare illogico, gli esperti ritengono che possa offrire un barlume di speranza nella lotta contro l’inquinamento. Sono state avvistate varie specie marine migrare verso l’isola, il che ha suscitato un profondo interesse nella comunità scientifica. Molti ricercatori sono affascinati da come gli organismi si siano adattati per sopravvivere all’ambiente artificiale della Patch. Il pesce lanterna è una delle specie più particolari trovate nell’area, che offre riparo ad un vasto assortimento di animali. Sebbene tipicamente si trovino in acque profonde, questi piccoli pesci si sono adeguati all’ambiente pieno di microplastiche e ora le sfruttano a loro vantaggio. Infatti usando i rifiuti come ‘camouflage’, una forma di mimetizzazione, riescono a mescolarsi con gli oggetti attorno a loro per nascondersi dai predatori. Un’altra creatura che la abita è la tartaruga marina. Essendo in via di estinzione, è attratta dalla zona a causa della presenza di spazzatura che costituisce una fonte di cibo abbondante. Purtroppo, molte tartarughe possono confonderla con le alghe di cui si nutrono e se ingerita, può causarne la morte. Nonostante i miglioramenti, il Pacific Trash Vortex rimane un problema rilevante per l’ambiente e rappresenta una grave minaccia per la vita marina e la salute degli oceani. La plastica è inoltre un materiale non biodegradabile. Ciò significa che i chilometri di rifiuti presenti rimarranno nell’acqua per secoli. Con il passare del tempo diventeranno microplastica, scomponendosi in pezzi sempre più piccoli che rischiano di essere mangiati dagli animali ed entrare a far parte della catena alimentare. Di questo passo si prevede che entro il 2050 ci sarà più plastica nell’oceano che pesci e la quantità di materia che finisce ogni anno nei nostri mari è allarmante. Una preoccupazione a livello globale che colpisce tutte le distese d’acqua e le coste del pianeta. Fortunatamente, ci sono azioni che possono essere adottate per attenuare l’inquinamento. Ad esempio ridurre l’utilizzo monouso di cannucce, sacchetti e bottigliette.
I governi possono anche svolgere un ruolo importante, implementando politiche per regolarne la produzione, lo smaltimento e promuovendo programmi di riciclaggio insieme all’adozione di alternative al suo impiego. Mentre gli scienziati analizzano l’affascinante nuovo ecosistema, è importante non dimenticare ciò che esso rappresenta. Un ricordo dell’impatto devastante che l’inquinamento da plastica ha sul nostro pianeta. Il Great Pacific Garbage Patch è un simbolo dell’urgente necessità di affrontare la crisi. Spetta a tutti noi assumerci la responsabilità dei nostri rifiuti e impegnarci per la salvaguardia di un oceano più pulito e più sano per le generazioni a venire.


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