Politica

Siamo un Paese malato di sanità. L’affondo di Cartabellotta “Meno soldi di prima del Covid”

di Eleonora Ciaffoloni -

ORAZIO SCHILLACI MINISTRO DELLA SALUTE


Gli investimenti per la sanità previsti dal Def 2023 (Documento di economia e finanza) “non bastano”. Il governo stanzia pochi fondi: così “si rischia il collasso del Sistema Sanitario Nazionale”. Questo l’allarme lanciato dalla Fondazione Gimbe, attraverso una nota del suo presidente Nino Cartabellotta che ha commentato il documento del governo per il 2023 approvato dal Governo e ora all’esame del Parlamento.
A saltare all’occhio della fondazione è il rapporto tra la spesa sanitaria e il Pil, sceso di livello rispetto a quanto si registrava da prima della pandemia: una denuncia al Def che “certifica l’assenza di un cambio di rotta post pandemia ignorando il pessimo stato di salute del Servizio sanitario nazionale, i cui princìpi fondamentali di universalità, uguaglianza ed equità sono minati da criticità che compromettono il diritto costituzionale alla tutela della salute”.

INCREMENTO “APPARENTE”

Venendo ai numeri, la spesa sanitaria nel 2022 è stata di 131.103 milioni, cioè quasi tre milioni in meno di quanto era stato inizialmente previsto. E nel 2023, la musica non cambia di molto, fa presente Gimbe. In termini assoluti, nel Def 2023, la previsione di spesa sanitaria è di 136.043 milioni, ovvero 4.319 milioni in più rispetto al 2022 (+3,8%). Quindi, secondo le analisi sulla previsione di spesa sanitaria della Fondazione bolognese, il rapporto spesa sanitaria-Pil nel 2023 scende a 6,7% rispetto al 6,9% del 2022, anche se in termini assoluti la previsione di spesa cresce. Difatti, per Caltabellotta si tratta di un “roboante incremento” che è “solo apparente”, perché non solo “l’inflazione corre più veloce della spesa sanitaria” (superiore del 5% rispetto all’aumento della spesa sanitaria) ma anche perché oltre due terzi dei quattro miliardi (il 67%) costituiscono un “mero spostamento al 2023 della spesa sanitaria prevista nel 2022 per il rinnovo contrattuale del personale dirigente”.
Una preoccupazione che non riguarda solo la prospettiva dell’anno in corso, ma anche in vista del prossimo triennio, per cui Gimbe stima: nel 2024 una riduzione della spesa sanitaria a 132.737 milioni (il 2,4% in meno sul 2023); una risalita nel 2025 a 135.034 milioni di euro (l’1,7% in più sull’anno precedente), e un’ulteriore crescita nel 2026 del 2,5%, pari quindi a una spesa di 138.399 milioni di euro. Complessivamente si tratta di un aumento medio dello 0,6% che “non coprirà nemmeno l’aumento dei prezzi”. In altri termini, spiega Cartabellotta: “le previsioni del Def 2023 sulla spesa sanitaria 2024-2026 certificano evidenti segnali di definanziamento”. Un segnale “che dissolve ogni speranza di nuove risorse per la sanità nella prossima Legge di Bilancio” ha proseguito.

SSN AL BIVIO

Definanziamenti che evidenziano, per l’ente, l’assenza di un cambio di rotta di fronte a un Sistema Sanitario Nazionale che – soprattutto dal post-Covid in avanti – si trova in un pessimo stato. Ma non solo, confermano che “la sanità rimane la Cenerentola dell’agenda politica”. Una Cenerentola che si ritrova alla mercé di interminabili liste di attesa che portano da un lato, all’impoverimento delle famiglie sempre più obbligate a ricorrere al privato e, dall’altro, alla rinuncia delle cure o a una diagnosi tardiva. A ciò si aggiungono le disuguaglianze regionali che fanno emergere il divario nell’accesso alle cure (e alle aspettative di vita) con molte famiglie costrette a spostarsi dal proprio territorio di residenza per essere curati. Danni alla sanità che non derivano solo dalla crisi pandemica, ma afferma Gimbe “da quanto accaduto negli ultimi 15 anni” in cui la sanità “non è stata una priorità politica” e non lo è “neppure per l’attuale Esecutivo”. E per questo Gimbe nel Piano di Rilancio del SSN spiega come sia necessario aumentare il finanziamento pubblico in maniera consistente e stabile e allineando l’Italia entro il 2030 alla media dei Paesi Ue. A dare, ieri, un piccolo slancio, il ministro della Salute Orazio Schillaci che sui Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) ha dichiarato: “Spero che nei prossimi giorni riusciremo a chiudere il nuovo decreto fermo da oltre sei anni. Un cambio di marcia e una sanità più equa in tutte le regioni”. Un “passo significativo”, dice Schillaci, che potrebbe dare il via a una già annunciata riforma della sanità.

Torna alle notizie in home