Editoriale

Smemorie dal sottosuolo: “Mentre in Italia si discute di eliminare il Natale, in Europa ricompare la stella di Davide”

di Tommaso Cerno -


Smemorie dal sottosuolo. Mentre in Italia si discute di eliminare il Natale, almeno dalle formule di buon augurio, trasformandolo nella festa dell’inverno, in Europa ricompare la stella di Davide. Ricompare su edifici e negozi scoperchiando il vero inverno dell’Europa, che furono le dittature del Novecento. La scritta Juden Raus non è affatto sepolta nel secolo scorso. E ciò che è più grave è che non è affatto confinata al regime nazista e fascista su cui abbiamo speso milioni di parole, atteggiandoci a quella comunità democratica che sapeva indicare dove stava il marcio e dove invece stava la morale.

Peccato che oggi di fronte all’attacco terroristico di Hamas contro il popolo palestinese forse ancora prima che contro quello israeliano, proprio da quel pezzo di cultura del Novecento che così tanto aveva fatto per trasformare i nazionalismi in società multiculturale e il razzismo in un grido da condannare e da censurare rispuntino piegature interiori che confondono la laica e pacifica libertà di un popolo con la supremazia del fanatismo religioso che nel nome di una bandiera non sua afferma sulle televisioni di tutto il mondo di voler distruggere Israele e cancellare gli ebrei dalla Terra che proprio alla fine della Seconda guerra mondiale era divenuta lo Stato democratico di Israele. Eppure tra le voci confuse delle piazze, che mescolano la sacra bandiera del popolo palestinese allo straccio guerrafondaio e sanguinario di Hamas, non si sentono più queste grida distinte contro l’antisemitismo, ma anzi si sente accusare gli ebrei con la parola che fa più terrore per chi appartiene a quella cultura millenaria: nazista.

E’ una contorsione della cultura occidentale figlia di tanta ignoranza religiosa, ma soprattutto figlia di quella sciagurata scelta che una parte della sinistra europea e americana ha fatto circa 20 anni fa, nel nome di un’assunzione di responsabilità di governo e di diritto di cittadinanza dei post comunisti nel mondo democratico, che è passata dall’abbraccio ai valori dell’uguaglianza a quello del capitalismo più sfrenato. Un capitalismo che avrebbe bisogno di una nuova e profonda critica, e che invece oggi domina il pensiero di chi si ritiene classe dirigente, quella classe dirigente che ha abbandonato da troppi lustri la giusta battaglia per l’affermazione di uno Stato di Palestina libero e laico, pacifico e democratico, al fianco dello Stato di Israele, per completare quel disegno di pace che era stato immaginato dopo il secondo conflitto mondiale.

Una strada abbandonata in maniera dolosa, che oggi risveglia dei profondi sensi di colpa, che finiscono per mescolare le istanze di liberazione di un popolo con il massacro di stampo islamista di un altro. Finiscono per mettere insieme il dovere morale di dare ai palestinesi la libertà con l’orrore di partecipare alla fondazione di una teocrazia di stampo iraniano che ha come obiettivo non certo l’affermazione di due Stati per due popoli ma piuttosto di un unico califfato antidemocratico dopo avere spazzato via la cultura ebraica dal Medio Oriente.

Ed ecco che mentre le Nazioni Unite ci mostrano che una gran parte del mondo ha scelto la via della democratura e della dittatura arrivando a far sedere uno Stato di Ayatollah fanatici e violenti alla Presidenza del Forum mondiale sui diritti umani, una scelta che farebbe ridere se non facesse venire i brividi per le ragioni da cui è dettata, l’Europa riscopre nel sottosuolo delle sue ceneri culturali odio e fastidio contro gli ebrei, dimostrando che il percorso tanto celebrato di rinascita dopo l’orrore dell’Olocausto è stato un percorso ad ostacoli che non ha affatto raggiunto il traguardo della civiltà.


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