Economia

Stop auto a benzina nel 2035, Italia al rallentatore

di Alessio Gallicola -


Ipotesi slittamento al 2040

La decisione della Commissione Europea  a favore di uno stop al 2035 per la produzione e la vendita di automobili a motore endotermico è un vero e proprio capolinea. Il voto Ue ha  riaperto il dibattito in Italia sullo stato dell’automotive, del quale ora appaiono tutti i rallentamenti. Un dibattito riaccesosi anche alla luce della posizione del ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, apparsa di retroguardia ai più interessati ai soli aspetti ambientalistici della vicenda, perché finalizzata a fissare dal 2035 una quota del 10% per nuove auto con i motori a scoppio.
La risoluzione, in effetti, ha divaricato il campo europeo occupato dalle case automobilistiche, sostenendo un pilastro fondamentale dei piani dell’Ue per ridurre le emissioni nette di riscaldamento del pianeta del 55% entro il 2030, dai livelli del 1990, un obiettivo che richiede riduzioni più rapide delle emissioni dell’industria, dell’energia e dei trasporti. E in questo, le automobili rappresentano attualmente il 12% di tutte le emissioni di CO2 nel blocco dell’UE a 27 membri, mentre i trasporti complessivamente quotano circa un quarto.
Ford e Volvo hanno pubblicamente sostenuto il piano dell’Ue. A favore anche Volkswagen. Ma indiscrezioni Reuters hanno segnalato che gruppi industriali, tra cui l’associazione automobilistica tedesca VDA, avevano fatto pressioni affinché l’obiettivo del 2035 slittasse almeno al 2040. Il target indicato sarebbe, a loro avviso, penalizzante per i combustibili alternativi a basse emissioni di carbonio e risulterebbe troppo in anticipo, considerata l’incerta introduzione delle infrastrutture di ricarica in Europa.

Lo scetticismo dell’industria dell’automotive sembra condiviso anche dal governo italiano, che attraverso il ministro dello Sviluppo Economico Giorgetti critica il provvedimento: “Il voto europeo sull’auto elettrica è una grande delusione, una scelta ideologica. Perchè il destino dell’auto non è solo elettrico, a meno che non si voglia fare un regalo alla Cina, che su questo fronte è davanti a tutti.  L’amarezza del ministro nasce dalla mancata concessione di tempi più lunghi alle case automobilistiche. “Di fronte alla sacrosanta e legittima ricerca di un mondo ambientalmente compatibile, non sono state prese in considerazione le richieste di attuare percorsi più lunghi, che ci consentissero di affrontare meglio questo passaggio delicato verso il green, che la guerra in Ucraina sta inasprendo ancora di più”. La strada verso la sostenibilità, ricorda Giorgetti, deve tenr conto dell ricadute economiche e sociali su tutte le filiere, “altrimenti il futuro è l’eutanasia della nostra industria”.  

Ma c’è anche chi vede nella decisione della Commissione europea una svolta storica. E’ il caso di Alberto Stecca, ceo di Silla Industries, una start up padovana il cui core business è la produzione di dispositivi tecnologici per la mobilità sostenibile. “Una presa di posizione necessaria quanto auspicata – dice – soprattutto da noi che abbiamo a cuore l’effettivo realizzarsi della transizione energetica. Naturalmente c’è chi si è espresso fortemente a sfavore. Abbiamo letto titoli sulla “fine dell’auto italiana” o sulla “fine della nostra economia”. Opinioni che non posso certamente condividere. Anzi, per contro dico una cosa volutamente provocatoria. Quanti sono a conoscenza del fatto che vi sono produttori in Europa (Volkswagen, per esempio) che in due anni hanno convertito le loro linee produttive per passare dalla produzione di vetture endotermiche a vetture elettriche? Se l’hanno fatto loro, perché non le aziende italiane? In cosa esattamente hanno perso tempo le nostre realtà produttive? E poi, basta con questo stracciarsi le vesti per una presunta tragedia imminente: i dati di immatricolazione di aprile ci dicono che l’auto elettrica più venduta in Europa è la Fiat 500 elettrica, ed il gruppo Stellantis nelle vetture elettriche pure pesa più di Volkswagen”.

Una querelle destinata a proseguire, anche perché sullo sfondo resta l’impasse generalizzata sul piano autorizzativo. E se la posizione di Giorgetti, unita a quelle più volte espresse da Cingolani su altri versanti, rappresenta la linea guida del governo, c’è da credere che l’economia circolare e la transizione ecologica saranno destinate ad incontrare ancora non poche difficoltà.


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