Editoriale

Tirana a campare

di Tommaso Cerno -


di TOMMASO CERNO

Dopo aver sconvolto i bacchettoni di Capalbio ripetendo le stesse parole che il premier albanese Rama aveva pronunciato al nostro Presidente del Consiglio, rincaro la dose. Non solo sarebbe opportuna una visita di scambio per fare due conti fra ladri italiani e ladri stranieri, ma sarebbe pure il caso di rendersi conto che mentre noi facciamo gli imbronciati le cronache ci dicono che abbiamo perso il controllo dell’immigrazione. E non solo degli sbarchi. Anche degli sbarcati.

Perché nelle città italiane gli episodi di criminalità sono tantissimi e se nelle statistiche non si vedono è solo perché il Paese normale è esasperato, spaventato e non ritiene utile a nulla denunciare quelli che ormai sono episodio normali della vita quotidiana. Che avvengono in pieno giorno. E ogni santo giorno. Accogliere non significa certo questo. E se sono serviti quattro imbecilli made in Italy per farci capire che siamo sempre i soliti e che ormai invece che dirci le cose per come sono ci piace ridisegnarle con le varie schwa, politically correct e chi più ne ha più ne metta. Come se non dire significasse estinguere il problema o l’effetto che esso fa su di noi. Una scorciatoia che, se proprio vogliamo essere corretti, all’estero nessuno fa. Nè destra nè sinistra. E in particolare non fanno in Albania, dove la lezioncina ci è stata fatta eccome.

Di fronte a un quadro di questo tipo, l’unico a dire una cosa sensata è stato Ermal Meta, grande artista che mi ha bacchettato con garbo spiegandomi che la mia richiesta provocatoria di risarcimento per i furti subiti dagli italiani da parte di criminali di origine albanese stonava con la mia intelligenza. Se fosse stata una frase mia probabilmente avrebbe ragione, ma la critica va riportata all’autore della medesima, che è il premier di Tirana. E’ stato lui a introdurre la nazionalità di origine dei presunti ladri che hanno lasciato un buco al ristorante. E stato lui a farne materia di discussione in un incontro bilaterale, benché dal clima vacanziero e informale. Che poi tanto informale non era. È dunque a lui che va restituita la critica. Io ho solo ripetuto le sue stesse parole mostrando come sarebbero suonate se mai fossero state pronunciate da un Primo ministro italiano durante una visita di Rama. E se hanno suscitato tanto clamore significa che l’Italia avrebbe dovuto indignarsi con lui. E non con altri.


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