Tredicenne morì di cancro: genitori indagati per omicidio volontario
La notizia dei due genitori di Vicenza, stimati professionisti, che rischiano il processo niente meno che per omicidio volontario aggravato perché in ipotesi commesso verso un discendente, secondo il teorema della Procura, poiché non avrebbero fatto curare in tempo il figlio adolescente ammalato di tumore che così è morto anzitempo, da tre giorni comprensibilmente spopola sui giornali e nell’ambiente social. Scritta così, cioè che papà e mamma volutamente, perché questo l’accusa pubblica contesta, hanno ritardato di far curare il figlio, ha suscitato l’unanime riprovazione del mondo scientifico e di buona parte dell’opinione pubblica che magari ha letto sommariamente la notizia. E tecnicamente, in base al capo d’imputazione che la Procura della Repubblica di Vicenza ha trasmesso alla coppia sotto forma di avviso di conclusione delle indagini preliminari, è così. Ma nella sostanza le cose sono andate davvero in questo modo, in base a una presa di posizione antiscientifica evidente dei genitori, oppure l’ipotesi accusatoria è affidata ad una consulenza di parte – quella della Procura – compilata da un medico legale, che in base alla segnalazione dei sanitari che avevano in cura il ragazzino, agli studi condotti in materia e alla letteratura scientifica, conclude ipotizzando un comportamento che, se vero, sarebbe logicamente meritevole della censura penale? La posizione dell’avvocato Lino Roetta (nella foto), noto penalista veneto, che difende i genitori, è però netta: “Le cose non stanno così. Il responso dei medici era nefasto fin dall’inizio. Papà e mamma lo hanno sempre amorevolmente assistito, Si sono sempre rivolti ai medici, addirittura più di uno, per le cure più idonee contro il cancro e, sinceramente, nulla può essere loro addebitato”. Insomma, collocate in questa dimensione, le accuse prendono una forma diversa. Tra Pubblica accusa e difesa c’è una lettura diametralmente diversa di certi passaggi medici che, a seconda di come sono letti, possono fare ipotizzare a un comportamento doloso della coppia (la Procura) oppure al contrario la scelta di un percorso diverso che non si trasformasse in accanimento terapeutico – ad esempio – visto che fin dal responso iniziale le possibilità di guarigione dell’adolescente erano nulle. Del resto, dopo che la coppia ha consultato più medici ed ha compreso la strategia migliore pur in un quadro già definitivamente compromesso dalla gravità della malattia, l’avvocato Roetta sottolinea che “a un mese dalla diagnosi del tumore si è rivolta in piena autonomia al servizio sanitario nazionale, tanto che il tredicenne è stato curato nelle strutture pubbliche ed ha seguito il trattamento consigliato con le chemioterapie”. Dunque, in che cosa si sarebbe allora concretizzato il presunto comportamento criminale dei genitori? Secondo l’accusa, sulle quattro settimane di attesa in cui non sarebbero state subito svolte le chemioterapie come consigliato”. Lo stesso consulente della Procura, il prof. Andrea Porzionato dell’Università di Padova, ipotizza che il ragazzino sarebbe vissuto alcuni mesi in più (pare 3). Non di più. Di conseguenza questo è sufficiente per accusare dei genitori di omicidio volontario aggravato e di mandarli davanti alla Corte d’Assise? “I genitori stanno già scontando la pena peggiore – analizza l’avv. Roetta – come la perdita di un figliolo in giovanissima età, e stanno adesso affrontando con rinnovato dolore un’inchiesta con un’ipotesi accusatoria che loro ed io reputiamo del tutto infondata”. Nel frattempo, esperti come il virologo Roberto Burioni e l’infettivologo Matteo Bassetti affermano che “quando si parla di salute, la disinformazione può letteralmente uccidere”. Un’affermazione che è senz’altro da sottoscrivere, ma bisogna vedere se è davvero questo il caso. Siamo sicuri che la piega degli eventi sanitari è quella delineata dal prof. Porzionato e, di conseguenza, dei Pm che l’hanno fatta propria? E se i genitori invece si fossero comportati in assoluta buona fede, agendo per il meglio per il loro figliolo sofferente, e che, pertanto, le conclusioni della consulenza medico legale accusatoria sono troppo perentorie e possono presentare dei margini di ambivalenza scientifica? Domande cui potrebbe essere chiamata a rispondere la giuria popolare, che dovrà a sua volta rivolgersi a un collegio di periti, qualora il Procuratore capo Lino Bruno e il sostituto Paolo Fietta azionassero l’azione penale con la richiesta del processo pubblico. “Ai genitori – conclude Roetta – nulla può essere loro addebitato”.
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