Lollobrigida rilancia su dazi zero, Bonaccini striglia tutti: "Bruxelles timida, Meloni di più"
Donald Trump ha finalmente raggiunto un accordo sui dazi con la Corea del Sud e, adesso, attende di incontrare il presidente della Cina Xi Jinping. Tutto, dunque, sembra andare nel verso giusto. Anche perché, nel frattempo, le delegazioni Usa e Cina, quelle che contano (e cioè le banche d’affari, i principi del capitalismo, gli industriali più potenti delle due sponde si sono già incontrate in Arabia Saudita, al summit che è già stato ribattezzato la Davos del Deserto. Ci si attende, se tutto procederà come ci si aspetta, un lieto fine. Che sarà per tutti tranne che per l’Europa. Sui dazi, la questione resta a dir poco spinosa. E l’Italia, nonostante la vicinanza tra i governi, rischia grosso. Più di tutti perché c’è in ballo la questione della pasta. Su cui, ieri, è intervenuto il ministro all’agricoltura Francesco Lollobrigida affermando che l’obiettivo resta quello dei “dazi zero”. “Noi non siamo molto d’accordo con l’aumento dei dazi, dei sistemi tariffari tra nazioni che hanno regole omogenee. Quindi tra noi e gli Stati Uniti, e per essere chiari l’abbiamo detto fin dall’inizio, tra nazioni che hanno e godono di libertà e istituzioni democratiche si dovrebbe tendere ad avere dazi zero, a far crescere l’economia, in maniera tale che nessuno tra i nostri cittadini abbia mai la tentazione di dire ’Guardate come le autocrazie viaggiano più veloci rinunciando alla libertà e magari orientiamoci verso quel modello istituzionale’”, ha spiegato il ministro a Unaitalia.
Parole, quelle di Lollobrigida, che arrivano a distanza di qualche ora dalla pubblicazione dei dati Istat sul commercio estero. Che fotografano una sostanziale ripresa dell’export italiano sul mese di settembre, con un aumento delle esportazioni pari al 5,9% a fronte di una risalita dell’import di poco superiore: +6,1%. C’è però da sottolineare, come fa l’Istat, che buona parte dell’incremento è da collegare alla vendita, definita ad elevato impatto, di navi e mezzi di navigazione marittima. E, poi, prima delle percentuali, vengono i conti: L’avanzo commerciale con i paesi extra Ue è pari a +35,1 miliardi di euro, in forte riduzione rispetto allo stesso periodo del 2024 quando era stimato in 45,4 miliardi. Ma tanto basta a far esultare Maurizio Gasparri, e Forza Italia, secondo cui i numeri “premiano” la strategia adottata dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Sui dazi è intervenuto anche il ministro all’Industria Adolfo Urso e lo ha fatto mettendoli in collegamento all’altro grande spauracchio per l’economia europea, oltre ai dazi di Trump, ossia la concorrenza della Cina. Ha sottolineato, il ministro, che c’è un problema nelle filiere e in particolar modo le supply chain delle materie critiche che, come si legge in un’analisi di Anie, l’organizzazione delle aziende tech in seno a Confindustria, sono sostanzialmente troppo fragili e in mano agli stranieri: “L’Europa deve garantire l’approvvigionamento delle sue filiere strategiche, delle materie prime critiche e alle terre rare; per questo abbiamo voluto con determinazione un regolamento europeo sulle materie prime critiche, e per questo l’Italia ha fatto prima di altri un decreto legge per consentire alle nostre imprese di estrarre le materie prime critiche che servono nel nostro territorio, di lavorarle, di riciclarle”. Un problema vero se, come ha denunciato Acea, l’associazione dei costruttori europei dell’auto, c’è penuria di chip. Appello che Urso ha rilanciato chiedendo all’Ue di fare qualcosa.
Sulla questione dazi, da Palermo, s’è alzata anche la voce di Stefano Bonaccini. Il presidente dem ha lanciato una stilettata non da poco a Bruxelles pur addossando, proprio al governo, una parte ingombrante di responsabilità sulla vicenda: “Von der Leyen e l’Ue sono stati troppo timidi sui dazi, bisognava essere più solidi. Timidissima Meloni che è andata a Washington con i dazi che forse andavano al 10 per cento, invece ora sono al 15 per cento. L’acciaio e l’alluminio sono al 50 per cento. Mi auguro che l’Unione europea riapra la trattativa perché il tempo ci sarebbe per ridurre questo danno”. E farebbe bene, l’Ue, a svegliarsi. Con l’accordo sui dazi siglato ieri, in attesa dell’incontro di Trump con Xi e la leadership della Cina, la Corea del Sud si concentrerà molto di più sugli Usa che sui rapporti commerciali con l’Europa. La coperta degli investimenti, in fondo, è sempre più corta. E la strategia di diversificazione avviata a Bruxelles rischia di rimanere lettera morta, anzi bruciata, dall’attivismo ritrovato di Donald Trump.