Attualità

Un miliardo di finanziamenti per la ricerca senza animali

di Ivano Tolettini -


Gli ultimi dati sul numero degli animali utilizzati nella ricerca e sperimentazione farmacologica italiana dimostrano il costante calo, si è arrivati a poco più di 400 mila all’anno, in presenza di metodi alternativi sempre più efficaci, favoriti dalla tecnologia. Sulle nostre colonne in questi mesi ci siamo occupati dei sistemi alternativi alla vivisezione, in linea con l’adozione di principi riconosciuti a livello internazionale, a cominciare dalle cosiddette “3 R”, dall’inglese “replacement, reduction and refinement”, vale a dire sostituzione, riduzione e perfezionamento delle sperimentazioni animali per spingere la comunità scientifica a ridurre le inutili sofferenze degli animali. Se l’obiettivo è una tabella di marcia per arrivare un giorno all’archiviazione della sperimentazione animale, nel presente la battaglia è concentrata sull’evoluzione delle tecniche di manipolazione delle cellule staminali e all’introduzione di nuove tecnologie ad esempio per ricostruire in vitro modelli di organo umano per superare il problema di specie.

In questa maniera, come hanno sottolineato i prof. Maurizio Muraca e Martina Pigazzi della Fondazione Città della Speranza di Padova, “lavoriamo direttamente su materiale umano con i cosiddetti organoidi e la creazione di mini-intestini che servono per studiare più da vicino i meccanismi di certe malattie rare dell’età pediatrica per potere valutare in quel contesto l’effetto dei farmaci”. È un cambiamento di paradigma che la comunità scientifica internazionale ha adottato da diversi anni, ormai, che permette grazie ad esempio alla stampa in 3D la possibilità di avere a disposizione modelli di organi umani come intestino, fegato, stomaco, reni, pancreas, cuore, tiroide ed altro, fino ad arrivare al cervello, per allargare la capacità di studio sia dei processi di base che delle patologie per arrivare a individuare farmaci adeguati alla cura. Se la ricerca avanza velocemente, tuttavia la fine dell’utilizzo degli animali nella sperimentazione è ancora purtroppo di là da venire. Anche perché ci sono tutte una serie di ripercussioni bioetiche sul fino a dove può spingersi la scienza. Anche se, come più ricercatori hanno sottolineato dal febbraio 2022, l’invasione dell’Ucraina da parte dell’armata di Putin ha segnato una cesura nello scambio di dati tra occidente e oriente, che già il Covid aveva messo a dura prova nei rapporti con la Cina.

Come dire, quello che nell’emisfero occidentale è tenuto in gran conto dalla comunità scientifica, altrettanto non lo si può dire altrove. L’obiettivo di Bruxelles, com’è stato ribadito anche di recente in maniera ufficiale, è “quello di passare a un sistema normativo privo di sperimentazione sugli animali nell’ambito della legislazione sulle sostanze chimiche e continuare a sostenere con forza le alternative alla sperimentazione animale”. Non è un caso che negli ultimi vent’anni l’Unione Europea ha stanziato più di un miliardo di euro per favorire oltre 300 progetti di ricerca per “sviluppare alternative alla sperimentazione animale”. Sul punto il commissario europeo per il mercato interno, Thierry Breton, nell’ottica dello sviluppo di metodi alternativi nel quadro del programma “Orizzonte Europa” che per la ricerca e l’innovazione ha varato il piano 2021-2027 con stanziamenti per centinaia di milioni, afferma che “già da dieci anni la Ue fornisce un quadro più avanzato per la protezione del benessere degli animali.
EUROPA
Così dal divieto dei cosmetici testati sugli animali a partire dal 2013, la scienza si è evoluta e la Commissione europea valorizzerà nuovi metodi per accelerare i metodi di sperimentazione alternativi in tutte le sue politiche”. È un approccio graduale che non soddisfa le associazioni animaliste che vorrebbero un’azione più energica, poiché, come sottolinea la psicologa Federica Nin, che assieme al divulgatore scientifico Davide Nicastri ha edito un anno fa “la vera scienza non usa animali. Good Science versus Bad Science”, “il rifiuto di abbandonare questa metodica non è di natura scientifica bensì è racchiuso e concluso in un vuoto e logoro slogan privo di argomentazioni scientifiche, che i loro fautori declinano con il dogma: senza i modelli animali il progresso delle scienze si fermerebbe, essi sono indispensabili perché non c’è modo di sostituirli”. Ma sappiamo che non è più così, l’evoluzione del paradigma scientifico nelle ricerche ce lo dimostra.


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