Politica

Una nuova centralità per le periferie – Intervista ad Alessandro Battilocchio

di Giuseppe Ariola -

Alessandro Battilocchio


Alessandro Battilocchio è presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla sicurezza e lo stato delle città italiane e delle loro periferie. Lo abbiamo ascoltato per approfondire la realtà di contesti troppo spesso colpevolmente ignorati.

Che bilancio fa dei primi sei mesi di vita della commissione che presiede?

Direi che ha iniziato molto bene la sua azione. Triplice schema: analisi, proposta, presenza. Stiamo approfondendo situazioni già affrontate in passato attraverso audizioni con i ministri Piantedosi, Fitto, Bernini, Zangrillo, Valditara, Abodi, Calderone, con i viceministri Molteni e Sisto, con l’Arma di Carabinieri, la Polizia di Stato, l’Istat, il Cnel, l’Inu ma anche con realtà come Unicef e Save the Children. Ma stiamo anche già impostando proposte, inserendoci nei vari provvedimenti in esame ed elaborando idee e spunti da avviare con iter condiviso. Infine, ma non meno importante, vogliamo garantire una presenza sul territorio a partire dalle città metropolitane. Ce la stiamo mettendo tutta per essere all’altezza delle tante aspettative sulla tematica delle periferie, finalmente al centro dell’agenda politica del Paese.

Quali sono le ⁠problematiche più gravi riscontrate?

In diverse aree del Paese per troppi anni lo Stato è stato distratto. Anche a causa di progetti assurdi di utopia urbanistica trasformatisi in incubo per chi vi risiede, si sono venute a creare intere zone fuori controllo, dei “non luoghi” per dirla con Marc Augé, con meccanismi, regole e codici paralleli, in cui molto spesso l’unica presenza “istituzionale” era quella del prete di frontiera, del maresciallo dei Carabinieri della piccola stazione locale o di una preside coraggiosa. Si è purtroppo persa negli anni la fiducia nelle Istituzioni e, anche attraverso il concetto contagioso della “finestra rotta”, il degrado, l’insicurezza e l’illegalità sono aumentati a dismisura. Questi i tratti comuni di alcune periferie che non possono più essere definite solo come concetto geografico, di “lontananza dal centro”, ma hanno assunto il significato più ampio di “periferie sociali”. Ma, oggettivamente, c’è un vento nuovo positivo, dovuto alla grande attenzione che in questa fase viene riservata alla loro riqualificazione. Compito della politica è dare risposte concrete a questo diffuso sentimento di speranza.

Cosa vi chiedono i cittadini?

Sintetizzerei le richieste in due concetti: innanzitutto voglia di normalità. I residenti chiedono semplicemente di non essere cittadini “di serie b”: vogliono condizioni di sicurezza normali, mezzi di trasporto normali, infrastrutture sportive e culturali normali, scuole normali, decoro e servizi normali. Troppo spesso la cesura con il “centro”(non solo geografico) ha portato alla nascita di aree totalmente separate. La seconda richiesta è quella di continuità: è in corso oggettivamente una stagione nuova nell’azione delle istituzioni per le periferie; provvedimenti, risorse, progettualità, presenza. Ma la richiesta accorata è quella di proseguire questa azione incisiva dello Stato che richiede tempo ed energie. Una sfida che non si può che accettare e vincere.

Ha mai avuto paura durante le missioni?

La collaborazione con le Forze dell’ordine è quotidiana e proficua: grazie alla sinergia con Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza abbiamo impostato molte attività sul campo. Grazie anche a persone straordinarie come Don Antonio Coluccia e Padre Maurizio Patriciello, simboli positivi di impegno a testa alta e senza paura, abbiamo promosso presenza e presidio in aree considerate “zone franche”: proseguiremo a testa alta, senza paura, al fianco delle istituzioni locali, delle associazioni, delle Parrocchie e dei tanti cittadini che vogliono cambiare.

 Ci sono ⁠segnali di speranza?

Tantissimi. Quattro esempi. Il Teatro dell’Opera a Tor Bella Monaca, con oltre 60 artisti di fama nazionale che, su iniziativa di Don Coluccia, si sono esibiti gratuitamente in una delle piazze di spaccio più grandi della Capitale. La visita nei beni confiscati ai Casamonica, con ville sfarzose simbolo di prepotenza e tracotanza trasformate in case-famiglia per minori in difficoltà. Le ruspe in azione a Caivano, nel centro Delphinia, in cui ci siamo recati con Don Patriciello: da luogo dell’orrore sta diventando uno dei centri sportivi e di aggregazione più all’avanguardia, assieme al nuovo teatro. O anche la grande festa organizzata nell’oratorio salesiano a Librino, quartiere di Catania, tra i più problematici d’Italia. Tante pagine solari di un libro bellissimo di riscatto e volontà di rinascita delle periferie.

Lei è deputato con più votazioni. Come fa a conciliare questa presenza assidua alla Camera con l’attività della commissione?

E’ mio dovere e, stando su Roma, sono anche logisticamente agevolato rispetto ai colleghi che vengono da ogni parte d’Italia. Ho l’onore e il privilegio di rappresentare il mio partito, Forza Italia e il mio territorio. Da vecchio scout, riprendendo il motto, dico che sto ponendo il mio onore nel meritare fiducia. Ma devo fare di più. E meglio.


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