Una scorpacciata di mare e amore A casa di Assunta
C’è una casa a Ponza che profuma di storia, di mare e di ricordi. Non ha insegne luminose né vetrine sfacciate, eppure tuti sanno dove si trova. È la casa di Assunta, oggi ristorante e rifugio dell’anima, che continua a parlare con la voce calda dei suoi piatti e con la memoria viva di una donna che, anche se non c’è più, sembra ancora seduta a capotavola.
Assunta, mi raccontano, era più di una cuoca. Era una donna con il mare negli occhi e la generosità nelle mani, capace di trasformare il quotidiano in un rito e la cucina in un atto d’amore. La sua casa è diventata ristorante per caso, o forse per destino. Un giorno, preparando una granceola per un amico, ha capito che quel dono poteva diventare un mestiere. E così è stato: con pochi tavoli, una terrazza sul porto e la voglia di offrire non solo cibo ma appartenenza.
Oggi quella casa è rimasta com’era. I mobili antichi scricchiolano come allora, le fotografie sono sempre lì a guardare il tempo che passa, e la cucina è ancora quel cuore caldo che accoglie e avvolge. I suoi “ragazzi”, una comunità di amici e allievi cresciuti accanto a lei, tengono viva la sua eredità. Non imitano Assunta: la ricordano, la onorano, e la raccontano ogni giorno con il cibo e l’arte del ricevere, che qui è arte del dare e del darsi. I piatti sono quelli di sempre, o quasi. Le paste al profumo di mare, i ravioli ripieni, la scarola ripassata con olive e capperi, il tortino di lenticchie, le melanzane alla parmigiana: ognuno è una storia, un frammento d’isola, un abbraccio. La cucina è aperta, come lo era il cuore di Assunta. Non ci sono muri né barriere, solo il profumo del sugo che bolle e il rumore dei piatti che arrivano in tavola con generosità.
Mangiare “A Casa di Assunta” è un incontro. Ci si siede, si ascoltano le storie, si assaggia la tradizione e ci si lascia attraversare da un senso profondo di accoglienza. Non ci si alza mai leggeri, né a stomaco né a cuore vuoto. Qui si nutre qualcosa di più del corpo. Si nutre l’anima.
Chi entra per la prima volta lo capisce subito. Chi torna, (mi sono regalato il bis) lo fa per riabbracciare quella sensazione di calore che altrove si è persa. La casa di Assunta è diventata un presidio di autenticità, dove ogni piatto è un messaggio e ogni sorriso è una promessa mantenuta. E così, anche se lei non c’è più, Assunta c’è. È in un sapore, in un gesto, in una carezza servita su un piatto di ceramica. E finché ci sarà chi la ricorda cucinando come ha insegnato, quella casa resterà viva. Viva come il mare che la circonda. Viva come i sogni che sanno diventare memoria. Ogni particolare qui, racconta la bellezza dell’imperfetto, quella che non si trova nei cataloghi ma nelle case vere. Quelle dove si entra con la sabbia sotto i piedi e si viene comunque invitati a restare. E poi c’è il vino della casa, versato senza misura, come si fa con l’affetto. Perché qui nessuno conta i calici, ma si contano i sorrisi soddisfatti.
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