Cronaca

Garlasco, ombre su Sempio: intercettazioni e alibi fragili

di Rita Cavallaro -


Il peso delle parole di Andrea Sempio. E il forte sospetto che in quell’indagine del 2017, trattata come un atto dovuto dopo l’esposto della mamma di Alberto Stasi a seguito della scoperta del Dna dell’indagato sotto le unghie di Chiara Poggi, più di qualcosa non abbia funzionato. Tanto che a Sempio, oggi indagato per omicidio in concorso con altre persone da identificare, non venne nemmeno chiesto di fornire il suo profilo genetico, per fugare ogni dubbio e mettere agli atti che le conclusioni della difesa dell’unico condannato per il delitto di Garlasco fossero mere illazioni. L’amico di Marco Poggi fu intercettato per una ventina di giorni, interrogato insieme a qualche altro testimone e poi l’inchiesta lampo fu archiviata dall’allora procuratore capo Mario Venditti. Eppure le intercettazioni tra Sempio e i suoi genitori in quelle tre settimane sotto l’ascolto degli investigatori non quadravano già all’epoca, perché sembravano tracciare una situazione insolita per un inquisito, ovvero che qualcuno lo tenesse informato sulle mosse della Procura e che, addirittura, lo stesso pm, per millantata ammissione di Sempio, lo avesse tranquillizzato che quell’inchiesta fosse “una minchiata” e che sarebbe arrivata l’archiviazione. “Te pensa che con quello che c’è nelle carte di Giarda direttamente il pm ha detto che è una cosa… ce l’ha già detto che è una mezza minchiata e ce l’ha detto in faccia a me… ai due avvocati… quindi ce l’ha detto… ce l’ha detto lui… loro stessi”, dice Sempio a suo padre Giuseppe il 21 febbraio 2017, mentre parlano della perizia della difesa Stasi, che sosteneva appunto come ci fosse il Dna del ragazzo sotto le unghie di Chiara. In un’altra intercettazione mai trascritta, ma rimasta impressa sugli audio agli atti, Sempio informa il genitore della volontà degli inquirenti a chiudere in fretta il caso. “Mi ha chiesto cosa facevamo a casa dei Poggi, io ho detto che giocavamo nelle due sale, giù e sopra….”, dice l’indagato, ripercorrendo con il padre l’interrogatorio davanti ai pm del 10 febbraio 2017. “Comunque secondo me erano abbastanza dalla mia”, ribadisce. Lo stesso concetto che il ragazzo ripete mentre parla con qualcuno sulla sua auto: “Abbastanza dalla nostra parte, tra virgolette. Si vede che anche loro c’hanno voglia di finirla in fretta”. Ci sono poi quelle frasi criptiche tra la famiglia Sempio, messe nero su bianco nelle intercettazioni del 9 e 10 febbraio. La sera prima dell’interrogatorio l’indagato dice ai genitori che gli inquirenti hanno trovato i tabulati delle telefonate di notte a casa Poggi, come quella del 4 agosto, che Marco Poggi, il fratello di Chiara, aveva fatto per avvisare i genitori che stava per rientrare. E ancora sullo scontrino del parcheggio di Vigevano, che Sempio aveva consegnato ai carabinieri come alibi, 14 mesi dopo il delitto, e che ora è crollato dopo la testimonianza di un pompiere amico della mamma, che quella mattina era in servizio a due minuti da quel parcheggio. “Ne abbiamo cannata una, che io ho detto che lo scontrino era stato ritrovato dopo che ero stato sentito, che tu hai detto che l’abbiamo ritrovato prima”, dice Sempio al padre subito dopo l’interrogatorio del 10 febbraio, quando gli chiedono conto anche delle celle telefoniche che lo piazzano a Garlasco e perfino di dove fosse prima delle 10 del mattino, visto che il genitore garantisce che era a casa con il figlio ma Sempio non ricorda di dove fosse il padre. La Procura di Pavia, ora, sta riascoltando tutti gli 806 audio delle intercettazioni, molte non trascritte ma solo riassunte, per stringere ancor più il cerchio intorno a Sempio, contro il quale c’è il Dna sulle unghie della vittima ma anche l’impronta palmare sul muro delle scale della cantina, proprio nel punto dove è stato gettato il cadavere. Intanto la legale di Sempio, Angela Taccia, è stata minacciata: in una mail un ignoto sostiene di volere uccidere sia la legale che Sempio, che lo sconosciuto accusa di essere l’assassino di Chiara. E anche Stefania Cappa, cugina della vittima, all’epoca era finita vittima di uno stalker: la chiamava in continuazione e le urlava “assassina”.


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