Italia in allarme: il nostro ruolo silenzioso nella guerra Israele-Iran
Tra basi NATO, rotte del gas e accordi segreti, l’Italia si trova al centro della scacchiera geopolitica del Medio Oriente. Mentre Tel Aviv e Teheran si scambiano missili, Roma tace. Ma resta esposta.
Italia in allarme: il nostro ruolo silenzioso nella guerra Israele-Iran
Mentre il mondo osserva con crescente inquietudine lo scontro diretto tra Israele e Iran, l’Italia si muove nel silenzio più assoluto, ma con un coinvolgimento crescente.
La nostra posizione geografica, il peso delle basi NATO sul territorio e la dipendenza energetica dal Mediterraneo allargato ci pongono al centro di una crisi che potrebbe allargarsi oltre ogni previsione.
Secondo fonti riservate della Difesa, nelle ultime settimane l’attività militare nelle basi di Sigonella, Aviano e Amendola è aumentata in modo significativo.
Velivoli da ricognizione e droni statunitensi operano quotidianamente in missioni di sorveglianza nel corridoio orientale, mentre il flusso di comunicazioni tra Roma, Bruxelles e Washington si è intensificato.

Da decenni, l’Italia rappresenta un cuscinetto operativo per le missioni NATO nel Mediterraneo e nel Golfo. Ma oggi quel ruolo strategico assume una nuova valenza, potenzialmente esplosiva. Se l’alleanza atlantica decidesse di intervenire più direttamente per contenere Teheran o per proteggere le rotte energetiche del canale di Suez e del Mar Rosso, sarà proprio il nostro territorio a ospitare operazioni logistiche e militari.
In particolare, la base siciliana di Sigonella – già cuore pulsante delle operazioni USA in Libia, Siria e Iraq – rappresenta il fulcro di eventuali attività di sorveglianza, intercettazione e rifornimento.
L’ultimo memorandum difensivo tra Italia e Stati Uniti prevede, tra l’altro, l’ampliamento delle strutture radar e l’integrazione di nuovi sistemi anti-drone di derivazione israeliana. Un altro fattore che lega l’Italia al conflitto è il tema dell’energia.
Con l’Iran fuori dai giochi a causa delle sanzioni e i rigassificatori italiani in prima linea nell’importazione del gas qatariota, l’instabilità della regione minaccia direttamente le forniture energetiche del nostro Paese.
Nel frattempo, sul piano diplomatico, Roma si muove in equilibrio precario. Il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito la “solidarietà a Israele”, ma ha evitato di condannare apertamente l’attacco aereo contro gli impianti nucleari iraniani. Una scelta di cautela che nasconde la fragilità delle relazioni con Teheran, ancora partner commerciale importante, soprattutto sul piano delle importazioni farmaceutiche e industriali.

Mentre i riflettori dei media italiani restano concentrati su tematiche interne, il quadro internazionale evolve rapidamente. Le intelligence parlano apertamente di “fase 2” del conflitto: Israele teme un’offensiva a lungo raggio, mentre l’Iran – dopo il lancio di missili contro infrastrutture energetiche israeliane – minaccia ritorsioni anche contro alleati occidentali.
L’Italia, sebbene ufficialmente estranea allo scontro armato, rischia di diventare un bersaglio indiretto o una piattaforma operativa non più “neutrale”. Non è un caso che nelle ultime 48 ore siano stati elevati i livelli di allerta in almeno quattro aeroporti civili italiani, in particolare quelli del centro-sud. In un contesto così delicato, l’Italia non può più permettersi una posizione ambigua. O sceglie la neutralità attiva, rilanciando un ruolo diplomatico che oggi appare spento, oppure sarà chiamata – anche senza volerlo – a partecipare a un conflitto che rischia di incendiare l’intero scacchiere mediorientale.
Nel frattempo, la politica tace. Ma il silenzio, in tempi di guerra, pesa quanto una dichiarazione.
Torna alle notizie in home