Parla Carmine Marinucci: “L’IA ci invita a riscoprire la nostra umanità: memoria condivisa, responsabilità collettiva, creatività”
CARMINE MARINUCCI
Soprattutto quest’anno, l’intelligenza artificiale è entrata nei nostri dispositivi mobili, nelle nostre ricerche e per molti ragazzi, come interazione fondamentale per lo studio e, in alcuni casi l’IA, si sarebbe sostituita ad essi, per lo svolgimento dei compiti, ma non solo per i ragazzi.
Già nel 2023, in Inghilterra Andrew Gray ha scritto ed elaborato il proprio programma elettorale, proprio attraverso l’Intelligenza Artificiale, come anche il senatore Marco Lombardo, nello stesso anno, lesse un discorso sui lavoratori transfrontalieri, creato con ChatGPT.
Il timore di molti che questo sistema possa sostituire il pensiero (e la fatica umana) sta prendendo sempre più piede. Nelle scorse ore, anche Papa Leone XIV (laureato in matematica), in difesa della dignità dell’individuo e dei diritti e pensieri dello stesso, ha aperto il dialogo all’utilizzo etico e consapevole dell’IA. Molte persone sono scettiche, altre timorose che l’IA possa rubare anche il lavoro al genere umano.
Abbiamo cercato di far luce chiedendo ad uno specialista del settore per cercare di avere meno diffidenza verso questa nuova tecnologia, per utilizzarla sapientemente e con coscienza: Carmine Marinucci, biologo di formazione, che alle spalle ha un percorso pluridecennale nella ricerca scientifica, nella promozione culturale e nell’innovazione educative. Fondatore e presidente dell’Associazione Internazionale “DiCultHer” ha ideato e diretto progetti pionieristici per la diffusione della cultura scientifica e del patrimonio culturale digitale, lavorando tra università, istituzioni, terzo settore e comunità locali. Già diretto collaboratore di vari ministri dell’Università e della ricerca, è responsabile editoriale della rivista Culture Digitali. Da sempre impegnato a connettere memoria, tecnologie e diritti nel rafforzare la titolarità culturale delle nuove generazioni nell’era dell’Intelligenza Artificiale.
In che modo l’intelligenza artificiale sta cambiando il nostro rapporto con la cultura e la conoscenza?
“L’intelligenza artificiale, se usata consapevolmente, può diventare uno straordinario alleato per rafforzare il legame tra persone, cultura e conoscenza. Non è un sostituto dell’umano, ma uno strumento per liberare tempo, energie e creatività, restituendo centralità alla riflessione, alla memoria, al dialogo tra generazioni.In questi dieci anni DiCultHer ha lavorato proprio in questa direzione: rendere le nuove generazioni titolari attive del patrimonio culturale, anche digitale. #DiCultHer lo ha fatto con iniziative aperte a tutti: HackCultura, il nostro hackathon civico per la scuola; il Festival @niene, simbolo di un territorio che diventa comunità educante; il TG Culther, telegiornale delle culture digitali, e la rete di collaborazioni con scuole, soprintendenze, biblioteche e musei”.
Quali sono le linee guida di questo impegno?
“Alla base c’è una visione etica e responsabile. La Carta dei Diritti nell’Era Digitale e dell’Intelligenza Artificiale – Stefano Rodotà e il volume in uscita prossimamente “Coltivare, Educare, Umanizzare” sono i due riferimenti principali: raccolgono principi, orientamenti e buone pratiche per scuole, comunità e territori, aiutando a costruire competenze, partecipazione e titolarità culturale. Questa visione sarà la bussola della programmazione DiCultHer per l’a.s. 2025–2026: consolidare esperienze, aprire spazi di innovazione, dare voce ai giovani e portare avanti la cittadinanza algoritmica come forma matura di consapevolezza culturale”.
Qual è lo sguardo sul futuro?
“Credo che l’IA debba essere vista non come macro-tecnologia astratta, ma come un invito a riscoprire la nostra umanità più profonda: memoria condivisa, responsabilità collettiva, creatività, rispetto, bellezza. Oggi, più che mai, serve un nuovo patto educativo tra generazioni, tra cultura e innovazione, tra memoria e futuro. #DiCultHer continuerà a perseguirlo con entusiasmo, rigore e la convinzione che l’educazione digitale non sia una materia in più, ma il terreno fertile su cui seminare la cittadinanza di domani”.
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