Sulmona, gli abusi sessuali andavano avanti da due anni
Secondo quanto emerso le violenze andavano avanti da tempo, da quando la vittima aveva appena 10 anni
Una vicenda inquietante scuote la città di Sulmona, dove due giovanissimi, un quattordicenne e un diciottenne, sono indagati con accuse gravissime: abusi sessuali e revenge porn ai danni di una loro cugina minorenne. Secondo quanto trapelato, le violenze sessuali sarebbero iniziate già due anni, ovvero da quando la ragazza coinvolta, oggi dodicenne, aveva appena 10 anni. L’inchiesta è condotta dalla Procura dei Minori dell’Aquila e dalla Procura della Repubblica di Sulmona, coordinate dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia cittadina. Due giorni fa i militari hanno effettuato una perquisizione nelle abitazioni dei ragazzi, entrambi nati in Italia da famiglie di origine straniera. Durante l’operazione sono stati sequestrati telefoni cellulari, tablet, computer e memorie digitali. Tutto il materiale sarà analizzato da un perito informatico incaricato di ricostruire la portata della presunta diffusione di video e immagini sensibili. Secondo quanto trapela, infatti, almeno un filmato compromettente sarebbe già circolato all’interno di una chat di WhatsApp con circa quaranta iscritti. L’obiettivo degli inquirenti è accertare se quei contenuti siano stati ulteriormente condivisi, ampliando così la platea degli indagati.
I reati ipotizzati
Le accuse nei confronti dei due cugini sono pesanti: violenza sessuale aggravata e diffusione non consensuale di materiale sessualmente esplicito (cosiddetto revenge porn). Secondo le prime ricostruzioni, gli abusi sessuali avvenuti a Sulmona sarebbero stati ripetuti nel tempo, con una cadenza regolare, e accompagnate da presunti ricatti volti a ottenere ulteriori prestazioni sessuali. Il materiale raccolto durante tali episodi sarebbe stato utilizzato come mezzo di pressione psicologica sulla vittima, con la minaccia costante di renderlo pubblico.
La denuncia e il coraggio della vittima
La giovane vittima, oggi dodicenne, avrebbe trovato la forza di denunciare tutto ai carabinieri dopo che uno dei video era finito nella chat di WhatsApp. La decisione ha dato il via all’indagine, permettendo di acquisire immediatamente il filmato e di raccogliere i primi elementi probatori. Gli investigatori sottolineano come la denuncia rappresenti un atto di grande coraggio, che potrebbe evitare la diffusione di altro materiale e proteggere la minore da ulteriori traumi. Nei prossimi giorni sarà fondamentale l’analisi dei dispositivi sequestrati, per verificare la reale quantità di materiale prodotto e l’eventuale coinvolgimento di terze persone. Non si esclude, infatti, che i contenuti siano stati inoltrati al di fuori della chat originaria.La posizione dei due indagati valutata in base alle risultanze tecniche e alle testimonianze raccolte. Essendo coinvolti anche minori, l’intera vicenda è trattata con la massima cautela, nel rispetto della Carta di Treviso e della tutela della riservatezza.
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