Il filo rosso del potere giudiziario in Italia: magistratura, PM e influenza politica
Il filo rosso del potere nelle magistrature italiane: PM e media condizionano indagini, processi e l’opinione pubblica, plasmando la giustizia italiana.
Il sistema giudiziario italiano si distingue per una complessità strutturale che intreccia magistrature di diversa natura : ordinaria, contabile, amministrativa e costituzionale, all’interno di un reticolo di potere poco visibile ma influente. Non si tratta soltanto di competenze istituzionali: la gestione delle indagini, le scelte prioritarie dei pubblici ministeri e il rapporto con l’opinione pubblica e i media delineano un ecosistema in cui l’azione giudiziaria diventa parte integrante della formazione dell’agenda politica.
Come osserva Luigi Bobbio, magistrato e già senatore della Repubblica:
“C’è un filo rosso di potere che unisce tutte le magistrature, quella ordinaria, quella contabile, quella amministrativa, la Corte costituzionale”
Le dinamiche dei pubblici ministeri
Bobbio non si limita a una constatazione teorica, ma denuncia comportamenti concreti della magistratura:
“La storia giudiziaria italiana è fatta di prove a favore dell’indagato/imputato sempre ignorate dal Pm, figurarsi per le prove a favore cercate dal pm. Cosa, quest’ultima, mai accaduta. Figurarsi che il Pm chiede rinvii a giudizio e condanne pure in assenza di prove a carico…”
A questo si aggiunge la pressione mediatica esercitata dai PM, come osserva l’on.di Forza Italia, Enrico Costa,
“I Pm hanno un’influenza mediatica debordante, che condiziona le scelte dell’Associazione Nazionale Magistrati e di conseguenza del Consiglio Superiore di Magistratura. Perché altrimenti, di fronte a inchieste flop o ad arresti ingiusti, non paga mai nessuno?”
Le parole del Pm Gallucci confermano la politicizzazione delle indagini:
“Indagavo su tutti, mi dissero di puntare la Lega”
Questi elementi tracciano un quadro preoccupante: la magistratura italiana non agisce isolata, ma si muove in un contesto dove media, politica e istituzioni si intrecciano, trasformando l’applicazione della legge in uno strumento potenzialmente orientato da interessi esterni.
Potere, media e politica
L’influenza dei PM non si limita alle aule giudiziarie: la visibilità mediatica determina spesso le scelte strategiche delle associazioni di categoria e del Consiglio Superiore della Magistratura. Ciò significa che anche errori, inchieste fallimentari o arresti ingiusti raramente hanno conseguenze reali.
Il “filo rosso” di Bobbio diventa così un vero e proprio circuito di potere: le magistrature si influenzano reciprocamente, i media amplificano determinate narrazioni, e la politica può essere indirettamente condizionata. In questo contesto, la fiducia dei cittadini nella giustizia diventa fragile e facilmente manipolabile.
Potere giudiziario in Italia: chi controlla chi giudica?
Il filo rosso che Bobbio individua non è solo metaforico: è il segnale di un sistema in cui trasparenza, responsabilità e imparzialità rischiano di essere compromesse da dinamiche di potere invisibili ma pervasive. Se la giustizia diventa politica, e la politica dipende dalla giustizia, il cittadino resta sospeso nel mezzo, spettatore impotente di un teatro che dovrebbe invece tutelarlo.
Alla fine, resta una domanda semplice e urgente: chi controlla chi controlla chi giudica?
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