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Dopo 82 giorni si arrende il reggimento Azov

Tregua concordata per evacuare i feriti, i militari depongono le armi

di Adolfo Spezzaferro -


Il reggimento Azov e i marine ucraini asserragliati nell’Azovstal di Mariupol che per giorni hanno resistito strenuamente all’assedio russo si sono arresi, senza l’onore delle armi. La resa è stata concordata tra Kiev e Mosca: i militari feriti sono stati trasferiti nelle strutture sanitarie dei separatisti filorussi grazie a una tregua per istituire i corridoi umanitari. Azov fa sapere sui social di aver eseguito l’ordine di arrendersi perché all’Ucraina servono militari professionisti. “Per salvare vite umane, l’intera guarnigione di Mariupol sta attuando la decisione approvata dal comando militare supremo e spera nel sostegno del popolo ucraino”. Lo stesso presidente ucraino Zelensky parla di “eroi da mettere in salvo, ora che la missione è compiuta”.
La missione è l’aver bloccato per 82 giorni le forze russe, impegnate nell’assedio. Truppe e mezzi che Mosca avrebbe potuto impiegare nell’offensiva nel Donbass. Certo, è una resa totale, che giunge dopo che per giorni Azov ha detto: “Non ci arrenderemo mai”. Ora però si parla di ordine da eseguire. E Zelensky canta vittoria. Un modo per far passare la resa (e quindi la vittoria sul campo dei russi) in secondo piano. Tuttavia è innegabile – come afferma Azov sui social – che questi giorni di strenua resistenza “hanno permesso all’esercito ucraino di riorganizzarsi, addestrare più uomini e ricevere un gran numero di armi dai Paesi partner”. Azovstal ha allungato la guerra e continuerà ad allungarla, per l’appunto. Anche adesso che Mariupol, porto chiave per il controllo del Mar d’Azov, è totalmente in mano russa.
Nel dettaglio però saltano agli occhi un po’ di numeri che non tornano. Secondo i rapporti dell’intelligence delle truppe separatiste filo russe del Donetsk e del Lugansk, nell’acciaieria avrebbero dovuto esserci circa 1.200 militari. Certo, in questi ultimi giorni ci saranno state perdite, ma i numeri non coincidono. A meno che le truppe ucraine asserragliate non fossero sovrastimate. Se così non fosse, unità del reggimento Azov e dei marine potrebbero essere riuscite a lasciare l’Azovstal oppure sono proprio dislocate altrove. Le cifre ufficiali, confermate da Mosca, parlano di 256 militari che si sono arresi e hanno deposto le armi, di cui 51 feriti. Ieri invece, come confermato da Kiev, sono stati tratti in salvo 53 militari gravemente feriti e si sono arrese 211 unità. Questo perché l’accordo con Mosca sulla tregua risale a lunedì. In totale siamo a poco più di 500 unità, meno della metà dei 1.200 uomini stimati dalle truppe separatiste filorusse.
Ma i misteri, diciamo, non finiscono qui: tra le unità che si sono arrese ci sono davvero esperti militari Usa e britannici, come sostengono da tempo i media non allineati? Certo è che se così fosse, Mosca si affretterebbe a diffondere prove inconfutabili della loro cattura. Altro “giallo”: ci sono davvero laboratori bio militari nei sotterranei dell’Azovstal? Anche in questo caso, visto che lo stesso Putin ha detto che Mosca ha le prove dell’esistenza di queste strutture (gestite dagli Usa), a breve dovrebbero essere diffusi foto e video che confermino tali accuse. Tutto dipende da quello che troveranno i russi quando finalmente entreranno. Nel senso che forse prima di arrendersi gli ucraini e le unità di Azov avranno “bonificato” l’area nei limiti del possibile. Staremo a vedere.


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