Esteri

Argentina, l’era della motosega

di Martina Melli -


Durante il discorso di insediamento che ricordava tanto Trump 2017 -“Make America great again”, il nuovo Presidente dell’Argentina, Javier Milei, ha paragonato la propria elezione shock al crollo dell’Unione Sovietica. “Proprio come la caduta del muro di Berlino ha segnato la fine di un’era tragica per il mondo, queste elezioni rappresentano un punto di svolta nella nostra storia”, ha dichiarato.

Classe 1970 – soprannominato El Peluga per la chioma ed El Loco per la “verve” – libertario radicale, ex economista ed opinionista televisivo, ha promesso di combattere con le unghie e con i denti per trascinare il suo Paese in “una nuova era di pace e prosperità”. L’Argentina si trova oggi ad affrontare la peggiore crisi economica da decenni: quest’anno l’inflazione dovrebbe raggiungere il 200%, il valore del peso è inesistente e il 40% dei cittadini vive in condizioni di povertà.

Milei ha avvertito la folla accorsa che la nazione è in una situazione di “emergenza”. “La sfida che abbiamo davanti è titanica…preferisco dirvi una verità scomoda piuttosto che una comoda bugia”. Ha così annunciato profondi tagli alla spesa pubblica in quello che ha definito “un trattamento d’urto” a cui non c’è scampo. Ha però evitato di fornire dettagli sulle misure pianificate così come si è dimenticato di inviare il progetto di legge della manovra economica al Congresso, progetto che avrebbe dovuto precederlo in quella che già si preannuncia un’accoglienza tesa e difficile. Il suo partito infatti, La Libertad Avanza, ha solo un piccolo numero di seggi e la recente alleanza con il blocco di centro-destra dell’ex presidente Mauricio Macri lo tiene comunque al di sotto della maggioranza.

Nonostante sia entrato in politica da pochi anni, ha conquistato sia la fiducia dei leader internazionali che quella degli elettori stanchi della cattiva gestione economica e della corruzione, ai quali ha promesso di annientare la “casta” corrotta dei politici e di “sterminare il cancro dell’inflazione” chiudendo ministeri e attuando un duro programma di austerità. Seppure in campagna elettorale sembrava un uomo d’azione, determinato e imprevedibile, per adesso ha solo messo una firma al decreto presidenziale che impone la riorganizzazione del governo argentino in 9 ministeri invece che 18.

Di sicuro è un outsider rispetto all’establishment e per sottolineare questo suo status che piace tanto al popolo è arrivato al Congresso in una volkswagen blu scuro e, dopo aver prestato giuramento, ha pronunciato il suo discorso inaugurale all’aperto piuttosto che all’interno dell’aula dei legislatori (come è consuetudine dal ritorno della democrazia nel 1983). Durante la cerimonia ha usato un bastone presidenziale decorato con i volti dei suoi cinque cani, che prendono il nome da noti economisti del libero mercato tra cui Milton Friedman. Non ha perso tempo e ha definito Putin un leader pericoloso, manifestando l’intenzione di rendere l’Argentina il più grande alleato latinoamericano dell’Ucraina. Non a caso il Presidente Zelenskly era presente alla cerimonia insieme al re Felipe VI di Spagna e a diversi dignatari di destra come il primo ministro ungherese Viktor Orbán e l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro.

A novembre scorso, subito dopo “l’incoronazione”, El Loco ha lasciato intendere un probabile intenerimento su alcune originarie proposte, e la motosega che brandiva in campagna elettorale per simboleggiare i tagli è misteriosamente scomparsa. Malgrado eventuali cambi di programma che saranno necessari per rimanere al potere (dal giorno dopo le elezioni non sembra neanche più così convinto di chiudere la Banca centrale né di adottare il dollaro) i suoi seguaci continuano a crederci, marciando indomiti in direzione ostinata e contraria: alla vigilia dell’inaugurazione si sono radunati fuori la sede della Banca centrale argentina dove hanno celebrato una simbolica veglia funebre.


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