Salute

Cancro al seno, con i test genomici ridotti i costi

di Anna Germoni -


I test genomici per il cancro al seno: un’opportunità poco sfruttata per evitare la chemio. Solo il 70% delle donne con un carcinoma al seno ha accesso ai test. In alcuni casi se in fase iniziale, evitare la chemioterapia è possibile.

Per saperlo però occorre conoscere la firma molecolare della malattia tramite un apposito test genomico. Ma cosa sono questi test? Sono esami molecolari in grado di analizzare l’espressione di un gruppo di geni allo scopo di fornire un profilo più specifico del singolo tumore e consentono di identificare, con maggiore precisione, le donne che possono davvero beneficiare della chemioterapia da quelle invece che non avrebbero vantaggi clinici.

Il tumore del seno è di gran lunga il più diffuso e frequente nel nostro Paese dove solo lo scorso anno ha fatto registrare oltre 53.600 nuovi casi”, a dichiararlo è il professor Francesco Cognetti, scienziato e presidente del Foce (confederazione degli oncologi, cardiologi, ematologi) che aggiunge, “siamo ad oltre 2,3 milioni di nuovi casi l’anno in tutto il mondo mentre in Italia interessa complessivamente più di 900 mila donne. La ricerca clinica deve proseguire nella direzione della personalizzazione dei trattamenti e delle terapie nelle condizioni nelle quali sono applicabili con successo farmaci che agiscono su eventuali bersagli molecolari specifici. I test genomici sono quindi una grande opportunità per milioni di pazienti e il loro utilizzo va incentivato, almeno quando esistono dimostrazioni scientifiche solide della validità di questo approccio e lo studio su Oncotype DX è uno strumento non solo clinicamente molto efficace ma anche economicamente sostenibile”.

Oncotype DX e’ esame che deve essere considerato come parte integrante della gestione del carcinoma mammario in stadio precoce. Ma delle 13 mila donne che ogni anno in Italia avrebbero diritto ad accedere all’esame, solo il 70% riceve la prescrizione. Il restante 30%, non essendo valutata, viene sottoposta a chemioterapia, trattamento che in alcuni casi potrebbe essere tranquillamente evitato. A scattare questa fotografia sui test genomici come prevenzione del cancro al seno è uno studio condotto da Altames (alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari dell’università Cattolica di Roma) presentato nella capitale con oltre 100 specialisti internazionali.

Con cure più personalizzate è possibile evitare chemioterapie inutili e risparmiare importanti risorse anche a livello economico. Il professor Cognetti, raggiunto al telefono ci spiega, “oltre ad evitare un numero consistente di chemioterapie inutili, questo test porta ad una significativa riduzione dei costi a carico del servizio sanitario nazionale”, aggiungendo come l’utilizzo di Oncotype Dx, ha portato a un taglio della spesa sanitaria e sociale “da 2.106 a 906 euro (-57%), includendo tutti i livelli di rischio clinico (alto, intermedio, basso), ovvero 1.200 euro di risparmio per singolo paziente”. Mentre per quanto riguarda i costi totali, il noto ematologo snocciola alcuni numeri, “è accertato come l’utilizzo del test implica una riduzione della spesa sanitaria e sociale da 53.517.836 a 23.044.420 euro con un risparmio di 30.473.416 euro”.

I test genomici per il tumore del seno devono entrare al più presto nei LEA (livelli essenziali di assistenza). “Nel nostro Paese –sottolinea Cognettil’approvazione del farmaco e del corrispondente test non sono contestuali, determinando spesso ritardi nell’accesso reale alle terapie innovative che richiedono l’esecuzione di queste analisi molecolari. I pazienti non possono più aspettare e devono accedere subito alle terapie innovative. Solamente in questo modo potranno finalmente trovare una reale applicazione nella pratica clinica quotidiana e soprattutto diventare disponibili per tutte le pazienti che potranno trarne beneficio, visto che vi è ancora difficoltà nell’accesso a questi esami. Basti pensare che l’anno scorso, non a tutte le pazienti è stato effettivamente prescritto il test all’inizio del percorso di cura e una parte consistente di queste pazienti, in Europa, dichiarano di non essere sufficientemente informate sull’esistenza ed utilità di questi test”.

Ulteriori spiegazioni ci vengono fornite da Riccardo Masetti, direttore di chirurgia senologica del Gemelli di Roma, “nel tumore mammario in stadio precoce la chirurgia è sempre più conservativa. La mastectomia è ormai limitata a pochi casi e viene comunque scelta solo dopo un’approfondita discussione con la paziente. In una malattia molto complessa e variabile, come il cancro del seno, sono ormai evidenti e indiscutibili i vantaggi clinici dei test genomici. È un’arma che dobbiamo maggiormente sfruttare nella gestione del carcinoma mammario e nella personalizzazione dei trattamenti. È importante a nostro avviso testare tutti i potenziali pazienti eleggibili e vi è quindi l’esigenza di un allargamento rispetto ai criteri attuali di prescrizione. Tutto ciò ribadisce per l’ennesima volta un principio fondamentale dell’oncologia moderna che è la gestione multidisciplinare del malato”. L’appello degli oncologi al ministro della Salute, Orazio Schillaci è: “Fare presto. Venga subito approvato l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea) così possono essere garantiti i test molecolari. Le pazienti non possono più aspettare e devono accedere subito alle terapie innovative”.


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