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Caso Englaro, la Corte dei Conti condanna l’ex dg della sanità lombarda Lucchina

di Eleonora Ciaffoloni -


Sono trascorsi 15 anni dalla morte di Eluana Englaro, da quando fu interrotta l’alimentazione artificiale. Morì il 9 febbraio del 2009, dopo 17 anni in stato vegetativo: anni di battaglie, di richieste e di sentenze seguite passo passo dal padre, Beppino Englaro. Solo ora la Corte dei Conti ha condannato l’ex direttore generale della Sanità della Lombardia, Carlo Lucchina a causa di una “concezione personale ed etica del diritto alla salute”. Una frase che va a spiegare come l’allora direttore impedì che alla donna fosse interrotto il trattamento che la manteneva in stato vegetativo.

E di come lo fece nonostante la decisione della Cassazione che, nel 2007, stabilì che ciascun individuo “può rifiutare le cure alle quali è sottoposto se le ritiene insostenibili e degradanti”; e ancora dopo, nonostante nel 2008, la Corte d’appello di Milano autorizzò l’interruzione del trattamento. Lucchina, quindi, avrebbe arbitrariamente deciso di negare la possibilità di questo stop ai macchinari, costringendo il padre di Eluana a trasferire la figlia in una struttura sanitaria in Friuli, dove poté morire. Lucchina nel 2008 aveva anche dato una motivazione al suo “no” alla richiesta da parte del padre di Eluana di procedere sospensione delle cure, in quanto tutore.

L’allora direttore firmò una nota, nella quale diceva che “le strutture sanitarie si occupano della cura dei pazienti, il che comprende la nutrizione, e di conseguenza i sanitari che l’avessero sospesa sarebbero venuti “meno ai loro obblighi professionali”. Englaro, a quel punto, si rivolse al Tar che accolse la sua richiesta, ma la Regione non diede corso alla sentenza. Da qui il procedimento davanti alla Corte dei Conti per Lucchina e, ora, la condanna che definisce il no come una “patente violazione dei propri doveri di servizio”, un “rifiuto assoluto” che era “frutto di una personale ed autoritativa interpretazione del diritto alla vita e alla salute”. Condanna che per l’ex dg significa anche pagare all’erario circa 175 mila euro: la stessa somma che la Regione aveva dovuto risarcire a Beppino Englaro, per poter trasferire la figlia nella struttura sanitaria fuori regione e per i danni subiti.

“Potevano evitare tutto ciò che hanno combinato, ora si rendono conto, è chiaro che hanno sbagliato e ne devono rispondere”, ha commentato Beppino Englaro. “Loro hanno ostacolato, io ho agito nella legalità chi ha ostacolato se la vede ora. Sapevo di avere un diritto ed era chiaro che lo ostacolavano, tanto che sono dovuto uscire dalla Regione. Ora sono problemi loro, io giustizia me la sono dovuta fare da me”.


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