Ciudad Juarez: il cimitero delle donne che non esistono
epa12280469 A person puts up a photograph during a protest in front of the State Attorney General's Office in Ciudad Juarez, Mexico, 02 August 2025. Relatives of the hundreds of people whose bodies were found piled up in a crematorium in Ciudad Juarez, on the border in northern Mexico, protested to demand justice, transparency in the investigations, and dignified treatment for their loved ones. EPA/Luis Torres
Il cimitero di Ciudad Juarez si trova in Messico, non molto distante dalla frontiera con gli Stati Uniti d’America. Un luogo strategicamente nascosto, dove la vicinanza con la frontiera rende forzatamente silenzioso quanto invece accade in modo brutale e fin troppo spesso. Da quasi quaranta anni, innumerevoli donne sono state massacrate, stuprate e uccise e i loro corpi sono stati abbandonati nel deserto. Un paesino tranquillo quello di Ciudad Juarez se non fosse per i troppi omicidi ormai divenuti seriali, che avvengono nel totale interesse a nascondere i fatti e nell’indifferenza dei media e della povertà dei luoghi, dove il silenzio non solo è complice, ma alimentato anche dallo sfruttamento. Ci sono croci improvvisate e dipinte frettolosamente di rosa, non ci sono bare ma fosse e, a volte, non ci sono nemmeno i corpi integri. Padri, madri e fratelli che incidono a mani nude i nomi di quei resti di vittime di tratta di esseri umani e di organi, di umiliazioni e di indicibili torture. Sono donne povere che, per cercare di risollevare le proprie sorti hanno cercato l’emancipazione ed invece hanno ricevuto la morte e l’umiliazione. Dall’inizio degli anni Novanta ad oggi, non si conosce il numero certo dei corpi ritrovati, le autorità messicane parlano di quasi quattrocento donne accatastate, ma la verità numerica potrebbe superare le migliaia. Vista la vicinanza con la frontiera Usa, molte aziende americane hanno pensato di spostare le proprie aziende di catene di montaggio, proprio in Messico, a Ciudad Juarez – considerati i bassi costi della manodopera e le condizioni fiscali ben più basse, rispetto alla madre patria -. Inoltre, per l’alto tasso di disoccupazione, il Messico sta vivendo un forte braccio di ferro tra uomini e donne in ambito lavorativo. Ma perché le donne vengono uccise? Per lo sfruttamento: oltre a quello lavorativo c’è in larga percentuale anche quello sessuale, oltre ad un altissimo tasso di criminalità e impunità a seguito degli omicidi – ma sarebbe più corretto chiamarli femminicidi. In questa zona è tristemente nota e diffusa la corruzione delle forze dell’ordine che, per estorcere confessioni utilizza il metodo più convincente al mondo: la tortura. Così gli innocenti sono costretti a ricoprirsi di crimini e violenze non commessi realmente, per coprire e insabbiare la verità dei potenti. Troppo spesso, le donne che vengono uccise sono semplicemente colpevoli di essere state vittime e così vengono catalogate come prostitute o tossicodipendenti. Vittime condannate anche da morte per i loro tentativi di emancipazione, per l’abbigliamento che indossavano, o semplicemente per il solo fatto di essere nate donne. Già, perché in troppi Paesi, in molte teste malate, essere donne è una colpa. Non si conoscerà mai il numero esatto di tutte le vittime, ma quelle croci nel sud del deserto che arriva fino allo stato (messicano) del Chihuahua ne testimonia la presenza in maniera approssimativa e nell’indifferenza del mondo e dei media. Ci sono morti che non fanno rumore, che nascono nel silenzio e scompaiono tra la sabbia. Sono corpi su cui sfogarsi, da annientare e qualora queste donne si ribellassero l’unica punizione è quella di sezionarle, violentarle, trucidarle e abbandonarle come fossero immondizia. Oppure seppellirle nel deserto del sud del Messico a Ciudad Juarez, dove la terra dei narcos odora di sangue, dove le madri che chiedono giustizia per le proprie figlie ottengono a loro volta la morte.
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