Economia

Il giorno dei dazi d’acciaio ma corrono i negoziati

di Giovanni Vasso -


È arrivato il giorno dei dazi d’acciaio (e di alluminio) ma Trump, mai come adesso, sembra aver fretta di chiudere. Dalla mezzanotte di oggi saranno in vigore le tariffe, raddoppiate e portate dal 25% al 50%. Una decisione assunta proprio dal presidente americano e annunciata su Truth con l’intento di celebrare “le nostre industrie siderurgiche e dell’alluminio che stanno tornando alla normalità”. Una mazzata che ha fatto storcere il naso a tutti. A cominciare dall’Ue. Ma che, dopo qualche giorno, sembra aver iniziato a sortire qualche effetto. O, quantomeno, ha iniziato a svelarsi. Già, perché l’America vuole chiudere la partita dei dazi. Washington, come ha riferito l’agenzia Reuters nella mattinata di ieri, avrebbe chiesto ai Paesi coinvolti nella questione tariffaria di presentare, entro mercoledì e quindi entro oggi, la loro “migliore offerta” per risolvere i negoziati. Reuters ha parlato di una lettera inviata dall’amministrazione Trump ma senza specificare quali siano stati i Paesi destinatari, ventilando l’ipotesi che a ricevere la missiva possano essere stati Ue, Giappone e India. Un fatto che sembra testimoniare solo la fretta della Casa Bianca a chiudere. Questione confermata dalle dichiarazioni giunte proprio da Bruxelles e Tokyo sul tema dei negoziati legati alle tariffe. Il portavoce per il Commercio estero della Commissione Ue Olof Gill, che ieri ha tenuto un punto stampa, ha confermato che il primo giorno di riunione a Washington tra le squadre dei negoziatori Usa-Ue “è stato molto costruttivo”. Gill ha aggiunto: “Sono già in corso riunioni tecniche a Washington, e posso dire che il primo giorno di colloqui mi è stato descritto come molto costruttivo”. Il portavoce ha glissato sulla “lettera” della Casa Bianca: “Non diamo commenti continui su tutti i diversi tipi di documenti, offerte che sono stati scambiati tra noi e gli Stati Uniti; e per una buona ragione, credo: perché come abbiamo detto da questo podio già ieri, in seguito alla chiamata tra la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il presidente Donald Trump, entrambe le parti hanno concordato di accelerare il ritmo dei colloqui”. Olof Gill ha poi confermato l’incontro, in programma per oggi, tra il commissario Ue al commercio Maros Sefcovic e il rappresentante Usa Jamieson Greer. Un summit che si terrà a Parigi e dal quale si attendono novità importanti ma Gill glissa: “Non forniremo un commento a caldo su quanto sta accadendo nei negoziati, in questo momento, dato che le trattative sono in corso, dobbiamo dare loro lo spazio necessario, ed è quello che faremo”. Sefcovic, ieri e fino a oggi, sarà nella capitale francese per la Ministeriale Ocse. E l’organizzazione per la cooperazione economica ha rilanciato l’allarme dazi: la crescita globale, con le tariffe, piomberà sotto il 3%, per la precisione al 2,9% sia nel 2025 che nel 2026. L’Ocse, quindi, ha ribadito che l’incertezza fa male a tutti e, oltre a quella dell’Italia, ha tagliato anche la stima di crescita per gli Usa che potranno ambire, al massimo, al +1,6% all’anno per il prossimo biennio. Non proprio la prosperità che per Trump risiede proprio nella politica tariffaria: “Se ad altri Paesi è consentito applicare dazi contro di noi e a noi non è consentito contrastarli, rapidamente e agilmente, con misure tariffarie contro di loro, il nostro Paese non ha neanche una piccola possibilità di sopravvivenza economica”.

Ma c’è un altro nodo nella vicenda dazi, non solo quelli sull’acciaio. E riguarda il “cuore” dell’intera questione. E cioè i rumors, persistenti, di una telefonata possibile tra Donald Trump e il leader cinese Xi Jinping. Se a Occidente fioccano, da giorni, le indiscrezioni su un rendez-vous telefonico possibile tra Washington e Pechino, a Oriente, ancora offesi per l’accusa di aver violato i patti della tregua di Ginevra e impegnati a rimpallare ogni attacco nel campo avversario, si trincerano dietro un secco “no comment”. Secondo i media americani, su tutti Politico, Trump sarebbe pronto, se non a tutto quantomeno a molto, pur di avere un summit con Xi. Cosa che, dalla Cina, non sembrano tanto entusiasti a concedere.


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