Attualità

Ecco perché è meglio un colpevole in libertà che un innocente in carcere

di Alberto Filippi -


L’ultimo a sollevare perplessità sulla condanna di Alberto Stasi è stato il ministro Carlo Nordio, che ha parlato di una condanna irrazionale. Poi c’è lui, da anni un grande giornalista, e per molti anni cronista (nel senso che calcava il marciapiede alla ricerca di notizie), Vittorio Feltri che ripete, dopo avere analizzato le carte, come il biondino di Garlasco non c’entri con la morte della fidanzata Chiara Poggi. Sono trascorsi quasi 18 anni dall’orrendo omicidio e nove anni da quando la sentenza della Cassazione ha mandato in giudicato il verdetto di colpevolezza, dopo che il tribunale sia di primo grado che di secondo grado si era espresso diversamente. La questione di base però, è se la condanna sia avvenuta “ogni oltre ragionevole dubbio” come prevede la Costituzione con la riforma del 2006. Non sono un giudice e mi astengo dall’entrare nel merito di una vicenda di cui si sono pronunciate due Corti di Cassazione, due Corti d’Assise d’Appello e un Gup – che processò Stasi con il rito abbreviato – con quest’ultimo che lo assolse! Quello che però a distanza di così tanti anni mi colpisce è la radicale difformità di giudizio di così tanti addetti ai lavori, al di là delle tifoserie che sono entrate in campo negli ultimi mesi dopo che la difesa di Stasi ha presentato alla Procura di Pavia una querela con l’indicazione di nuovi indizi per arrivare a un processo. Un processo, a mio avviso doverosissimo, di revisione, dal quale, è bene sottolinearlo per non aggiungere confusione a confusione, purtroppo siamo molto distanti dall’essere vicini. Parto col dire che il comportamento di Stasi non è stato lineare. Ha raccontato, come spiegano i giudici, diverse bugie soprattutto nella fase iniziale (ma va capito che era un ragazzino ed eravamo nella fase iniziale dove regnava paura, confusione, e ogni tipo di timore) che hanno incrinato la sua posizione e con ogni probabilità gli sono costate l’assoluzione. È evidente che Stasi ha commesso degli errori da non condividere, ma da capire. Impossibili da capire invece, gli errori commessi dagli investigatori che fin dall’inizio, come ormai è pacifico, hanno operato con poca professionalità ritenendo che la morte di Chiara Poggi fosse dovuta a un incidente domestico arrivando a cancellare prove a vantaggio di Stasi, per fortuna poi successivamente recuperate da altri professionisti. Quasi incredibile comunque pensare che la tesi iniziale fosse quella che la povera ragazza sia caduta dalle scale! Pazzesco prendere atto che dei professionisti abbiano inizialmente ritenuto che la poveretta fosse morta a causa della violenta ferita patita in testa. È stato il medico legale, a distanza di molte ore, a cominciare a far luce sulla probabile dinamica e a far riconsiderare la posizione del fidanzato che da testimone si è trasformata in quella del sospettato. Molti gli indizi, a cominciare dalla circostanza che Stasi abbia attraversato la scena del delitto senza che le sue scarpe Lacoste numero 42 si sporcassero di sangue: una perizia ad hoc ha stimato nello 0,0006% la possibilità che potesse succedere. Per poi arrivare alla questione delle biciclette ed altro. Certo è, che i giudici, a mio modo di vedere, oltre a non individuare il movente dell’assassinio, circostanza non secondaria in un delitto, non hanno saputo stabilire il momento in cui Stasi sia entrato in casa. Ora sembra che qualche movente ancorché ipotetico stia per emergere. Ma dopo quanti anni? Non sarebbe stato doveroso investigare meglio prima? O c’era qualcosa da insabbiare necessariamente? Io lo dico chiaramente, resto dell’avviso che il “ragionevole dubbio” continui a rimanere e quindi non ci sia per la posizione del condannato in via definitiva Stasi e che quindi il rischio che un innocente stia scontando la pena sia purtroppo molto elevato. Ne parleremo ancora di Stasi, ma chiudo con una considerazione che per me resta un’assioma e cioè la convinzione che in uno stato di diritto è meglio un colpevole libero che un innocente in prigione. In Italia poi, dove ladri, stupratori, spacciatori anche se presi in flagranza di reato vengono immediatamente rilasciati. Vedere troppi innocenti condannati, magari per macroscopici errori in fase investigativa, mette i brividi: e io non ci sto!


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