L'identità: Storie, volti e voci al femminile Poltrone Rosse



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Gabbiano 3.0, premiato alla Milano Wine Week. De Signoribus nei Top 100 per il secondo anno

di Nicola Santini -


Milano Wine Week, quinta edizione. Il Gabbiano 3.0 esce dal mucchio con due colpi secchi. Carta vini premiata nella categoria Alta Ristorazione. Marco De Signoribus, sommelier e direttore di sala, di nuovo nei Top 100 d’Italia. Qui non piovono medaglie: qui si riconosce una linea editoriale. Ascolto dei produttori, caccia sul campo, coerenza con la cucina. Niente inchini al trend, niente fuochi d’artificio che stonano al tavolo.

La carta vini premiata: metodo e coerenza

I Milano Wine Week Awards selezionano ciò che regge la prova del bicchiere e del piatto. La carta del Gabbiano 3.0 lo fa: etichette scelte per dialogare, percorsi pensati come un menu parallelo. Dalla freschezza che apre, alla profondità che chiude. Ritmo, non lista della spesa.
«Questi premi sono il risultato di un lavoro quotidiano di ascolto e confronto con i produttori. Un riconoscimento al metodo, alla squadra e alla passione che mettiamo nella selezione» dice De Signoribus. «Ogni bottiglia in carta è una storia che vogliamo raccontare ai nostri ospiti.» Traduzione: non si mette vino per riempire righe, si costruisce un racconto che parta dal calice e rientri nel piatto senza strillare.

Identità e crescita al Gabbiano 3.0

Lo chef Alessandro Rossi sottoscrive: «Credo nel talento di Marco, nel suo approccio e nel racconto che ha scelto di fare intorno ai miei piatti, partendo da un calice, da un vitigno, un territorio. La nuova generazione di sommelier ha consapevolezza di come oggi si affronta il vino.» Sala e cucina sulla stessa frequenza. Zero gerarchie finte. La carta non è appendice: è ingranaggio.
Top 100 Sommelier e guida Wine List Italia segnano la mappa: fanno emergere chi lavora con identità e carte che non cercano l’effetto-specchio. Territori riconoscibili, verticalità dove serve, servizio che guida senza invadere. Il bis di De Signoribus non è routine: è la misura di una crescita professionale che si sente al tavolo, calice dopo calice.
Per il Gabbiano 3.0 questo doppio riconoscimento non è il punto, è la virgola. Si consolida una carta con personalità netta, pensata per accendere i menu di Rossi e non per coprirli. Scelte pulite, spalle larghe, una grammatica del gusto leggibile: poche frasi, tutte necessarie. Ricerca, territorialità, sperimentazione: tre parole che qui non finiscono nel manifesto, finiscono nel servizio.
Morale probabilmente semplice e poco instagrammabile: meno fumo, più sostanza. Ci si siede, si ascolta, si lascia che il calice faccia il suo lavoro, si prende nota delle differenze con la fuffa che c’è in giro. Il resto sono applausi. E quelli, a parer mio, hanno un perché.


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