Economia

Game over: è scoppiata la bolla dei videogiochi

di Giovanni Vasso -

epa11096314 A man plays video games at an internet cafe in Beijing, China, 22 January 2024. The new rules on online gaming in China, which require game developers to cap how much players can recharge their accounts, and encourage excessive gaming by offering rewards, are due for public comment by 22 January 2024. EPA/WU HAO


L’altro lato della bolla tech: il crepuscolo dei videogiochi. L’ultima notizia arriva dal Giappone e riguarda un gigante del settore come Nintendo. Che, in poche ore, è arrivata a perdere poco meno di 9 punti nell’indice Nikkei della Borsa di Tokyo. Il motivo è semplice: si attendeva, imminente, il rilascio della nuova Switch 2, la consolle per videogiocatori che avrebbe dovuto segnare nuovi standard e fidelizzare, ancora di più, il vastissimo e affezionatissimo pubblico multigenerazionale e globale del colosso di Kyoto. Invece gli sviluppatori dell’azienda giapponese hanno chiesto, e ottenuto (seppur a malincuore) dai dirigenti, più tempo per poter perfezionare i nuovi software proprietari per far girare la nuova consolle. Significa, in termini di tempo, che il lancio della Switch 2, atteso al più tardi per la fine del 2024, slitta all’inizio del 2025. Questione di mesi, si dirà. Ma il tempo è denaro. E Nintendo, come era prevedibile, ne ha perduto un bel mucchio quando le solite “fonti” hanno spifferato del ritardo. Gli investitori hanno fatto alcuni passi indietro e il risultato è stato un solenne segno meno sul mercato azionario. Niente di irreversibile, sia chiaro. Un colpo come un altro per la “casa” di Super Mario. Che, come fa ormai da più di quarant’anni, riprenderà il gioco là dove l’aveva lasciato con l’obiettivo di resistere ai colpi di Donkey Kong (o meglio, dell’agguerritissima concorrenza videoludica) e raggiungere l’obiettivo delle monete d’oro.

Il caso Nintendo, però, è solo l’ultimo di una lunga serie di eventi, episodi e fatti che stanno scuotendo l’universo gaming. Intendiamoci: il mercato resta più che fiorente, un’autentica miniera d’oro per chi ha abbastanza coraggio, fantasia e creatività per imporsi nel mare magnum di giochi online, consolle supportate e sfide di ogni genere. Ma il settore, ingranditosi a dismisura con la pandemia, sta mostrando diverse crepe. Nelle scorse settimane, a gennaio, è toccato alla divisione gaming targata Microsoft, procedere a un’ondata di licenziamenti impressionante che ha ricordato i tagli draconiani già operati, nei mesi scorsi, da giganti come Google, Amazon, Meta e Disney. Su una pianta organica di circa 22mila impiegati, Xbox e Activision Blizzard (per capirsi, la società che ha lanciato giochi come Call of Duty e World of Warcraft) ne hanno mandati a casa 1.900. Se non è stata una decimazione, poco ci è mancato. Ma il conto è drammatico. E c’è chi, in rete, lo sta tenendo. Il sito Videogames Layoff ha contato, per questo primissimo scorcio del 2024, ben 6mila licenziamenti. Si tratta di numeri devastanti se confrontati con quelli del 2022, quando i licenziati furono 8.500 e persino con quelli dello scorso anno, in cui hanno perso il posto 10.500 tra sviluppatori, analisti e creatori di videogiochi. Se dovesse continuare questo trend, questo potrebbe rivelarsi l’anno nero per gli addetti al settore.

Ma dove risiede il germe che sta portando il settore videoludico a perdere aderenza? Nella scommessa sballata che il mondo non sarebbe più tornato indietro dalla pandemia. Che avremmo fatto tutto, e sempre di più, online e che puntare forte su ogni genere di attività digitale e tech avrebbe portato a un sicuro guadagno. In pratica, i colossi digitali hanno pompato una bolla che è scoppiata loro in mano. Non appena hanno scoperto che le persone hanno cambiato, è vero, il loro stile di vita affidandosi sempre di più alle risorse digitali. Ma che, comunque, non l’hanno fatto abbastanza da giustificare investimenti miliardari e spese folli. L’esempio calzante, sullo sfondo dei videogiochi, è quello di Twitch. L’anti-Youtube per eccellenza, nata dalla condivisione delle esperienze di gaming online, ha registrato un’impennata di clic proprio durante la fase pandemica. Al punto che Jeff Bezos hanno scucito quasi un miliardo di dollari (900 milioni e rotti) per acquistarla. Poi, però, il boom della blogosfera è finito. E sono iniziati i tagli. L’ultimo è stato annunciato a gennaio quando Amazon ha tagliato ulteriori 500 posti di lavoro in Twitch. Considerando che a marzo ’23 erano state licenziate 300 persone nell’ambito del più vasto piano da 9mila esuberi varati dall’azienda. Ma non è tutto: perché Amazon ha pure deciso, d’imperio, di abbandonare la Corea del Sud, dove gli E-sports sono davvero una potenza economica, e di tagliare gli emolumenti riconosciuti ai creators e agli streamers che operano su Twitch per abbassare il costo degli abbonamenti a Prime. Si parla di incassi, per loro, che saranno decurtati fino tra il 5 e il 10 per cento.  Insomma, la bolla videogiochi è scoppiata ma i licenziamenti sono veri: game over.


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