Gelo tra Israele ed Ue
Mai le relazioni tra Israele e Unione europea sono state tanto tese, al punto da far trasparire una situazione di gelo. Mai, nei decenni successivi alla nascita dello Stato ebraico, le critiche europee sono apparse così dure, circostanziate, pubbliche. E mai le risposte israeliane sono state tanto pesanti e insofferenti nei confronti di un alleato stabile da sempre, anche nei momenti più difficili. Oggi quell’alleanza appare incrinata, logorata dagli eventi, quasi irriconoscibile. E quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza è il detonatore di questa crisi diplomatica senza precedenti. L’offensiva israeliana, in risposta all’attacco terroristico del 7 ottobre compiuto da Hamas, che ha scosso il mondo e provocato una corsa alla solidarietà con Tel Aviv, ha portato a una spirale di violenza che sta lasciando Gaza in macerie. Le immagini di migliaia di vittime civili, le accuse di violazioni del diritto internazionale, il rischio concreto di una carestia e il collasso del sistema sanitario palestinese hanno progressivamente cambiato il tono del dibattito europeo. Nel cuore delle istituzioni Ue si è aperta una frattura che va ben oltre il linguaggio diplomatico. Il sostegno a Israele non è venuto meno in linea di principio, ma oggi non è più incondizionato. Paesi come Spagna, Irlanda e Belgio spingono per un riconoscimento immediato dello Stato di Palestina e parlano apertamente di crimini di guerra. Altri, come Germania e Ungheria, mantengono una linea più cauta, ma non possono più ignorare la portata umanitaria del disastro in corso alla quale hanno fatto riferimento per l’Italia sia il Presidente delle Repubblica, Sergio Mattarella, che la premier Giorgia Meloni. Bruxelles, nel suo insieme, appare sempre più lontana da Tel Aviv. E da parte israeliana, la reazione è furibonda: accuse di parzialità, delegittimazione delle critiche, perfino rottura dei rapporti diplomatici con alcuni Stati europei. Il gelo è ormai evidente e non riguarda solo le cancellerie: è un distacco profondo, culturale, valoriale. L’Europa e l’intero mondo si trovano davanti a uno scenario in cui il diritto di Israele a difendersi si scontra ogni giorno con il principio di proporzionalità e con la tutela dei civili. E in questo contesto Hamas – che l’Unione europea continua a considerare un’organizzazione terroristica – non solo rifiuta un accordo di pace, ma continua a usare gli ostaggi israeliani come leva negoziale, mettendo in pericolo anche la popolazione palestinese che pretende di voler rappresentare. La distanza si è fatta abisso, il raffreddamento nelle relazioni è divenuto gelo. Israele vede nell’Europa una voce sempre più ostile, più preoccupata dei diritti dei palestinesi che della sua sicurezza. L’Europa, al contrario, si sente tradita da un alleato che non ascolta le sue richieste di moderazione e che considera le critiche come un tradimento. In mezzo, l’idea di “due popoli, due Stati” che ormai risuona come un’utopia anacronistica, svuotata di ogni concretezza, perché anche solo la pace appare lontanissima. E i rapporti tra Bruxelles e Tel Aviv rischiano di inasprirsi ulteriormente.
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