Esteri

GOOD BYE GORBACIOV! 

L’uomo del secolo o un eroe per caso? La morte dell’ultimo segretario del Pcus apre il dibattito. Mentre a Mosca provano a rifare il Muro che lui ha abbattuto.

di Redazione -

©Gianluca Pascutti


L’uomo del secolo o un eroe per caso? La morte dell’ultimo segretario del Pcus apre il dibattito. Mentre a Mosca provano a rifare il Muro che lui ha abbattuto.

Goodbye Gorbaciov! Così, facendo il verso al celebre film di Wolfgang Becker, come risvegliandosi da un coma durato oltre trent’anni, l’Occidente saluta Mikhail Sergeevic Gorbaciov, 91 anni, ultimo segretario generale del partito comunista sovietico, primo (e unico) presidente dell’Unione sovietica, uomo della perestroyka e di glasnost. L’uomo folle, insomma, giudicherà la storia se genio o capitato lì per caso, che guidò il crollo dell’impero comunista spalancando le braccia di quello del Male a quel mondo libero e democratico, americanizzato, che da quel momento lo fece salire sugli altari. Premio Nobel per la pace, cattedre universitarie, rispetto internazionale. Un eroe del mondo libero, insomma, venuto dal mondo oscuro. Un perfetto finale di Guerra fredda vinta, in quel lontano 1991, dalle democrazie. Salvo per un fatto. E cioè che nella Russia ex sovietica dello zar Vladimir Putin, che fu suo pupillo, non la pensano affatto come noi.

Eppure Putin progetta qualcosa di più grande della realtà. E ha improvvisamente bisogno di Mikhail Gorbaciov, mito dei suoi nemici. Così prima scrive alla famiglia che il compagno Mikhail “ha cambiato la storia del mondo”, poi cambia le carte in tavola e lascia circolare la voce che il Cremlino negherà i funerali di Stato all’ultimo dei sovietici. Un atto che sarebbe poderoso, perché nella grande madre Russia valgono da secoli più i gesti che le parole E questa scelta di Putin equivarebbe a dire che Gorbaciov è stato un grande uomo per il mondo, ma non è stato un grande russo. Equivarrebbe a dire che si tratta della morte di un uomo qualunque, che s’è trovato sì ai vertici della vecchia Urss e che la amava talmente tanto da tentare l’impossibile: riorganizzarla. Perché è questo il senso autentico di quella parola, perestroyka, che in Occidente suona come la grande apertura alle libertà e al mondo democratico, ma che nella lingua di Mosca significa riorganizzazione, ristrutturare il sistema che non regge. Ed è qui che sta la crasi. Se per noi Gorbaciov è il volto della grande distensione, della resa socialista al mondo del libero mercato, e quindi un nemico della Russia di oggi, nel racconto del mondo nuovo di Putin Mikhail Gorbaciov è destinato a occupare un ruolo primario e non più quello scomodo di eroe per caso celebrato dal nemico. Eroe che amava l’Urss, i cosmonauti, i piani quinquennali, i kolchoz e che in buona fede tentò di salvarla, di allungarle la vita, salvo poi venire schiacciato dal crollo del sistema sovietico e – per salvarsi – dichiarare che quel modello era estinto, sconfessato, finito. E così il Cremlino cambia narrazione e nel momento in cui Gorbaciov muore e l’Occidente si prodiga in milioni di saluti affettuosi e attestati di stima all’eroe della caduta del Muro, Putin che quel muro – pur in modo diverso – sta ricostruendo, decide di non lasciare le spoglie del compagno Mikhail al nemico Nato, ma di riappropriarsene, celebrandolo come uno di quegli eroe della patria tanto cari alla cultura sovietica. Per poi trasferirlo dal Pantheon dell’ex Urss – divenuta democratura in guerra, contro l’Europa e il mondo monopolare – a quello della novaya Rossia. Ed è per questo che Putin in poche ore ha cambiato idea, e annunciato i funerali di Stato per l’ultimo segretario generale del Pcus. Per liberarsi dell’ultimo impedimento alla ricostruzione di un mondo non monopolare. Una nemesi. Come se quella morte, caduta nel mezzo della disastrosa guerra ucraina, potesse diventare qualcosa di diverso da ciò che è stata. Divenire insomma il simbolo di una nuova stagione di grandezza dell’Est che riunisce due momenti della storia così diversi da essere divisi da un secolo. Ma così ancora vivi da poter essere riscritti a uso e consumo delle parti in lotta. Sempre più simili a tre decenni fa.


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