“Hammamet ricorda Bettino”, Craxi e il racconto umano oltre la politica
Il silenzio di Hammamet non fu mai vuoto per Bettino Craxi. Tra i vicoli della Medina, nei caffè affacciati sul Mediterraneo, lungo le spiagge frequentate dai pescatori e nel piccolo cimitero cristiano ai piedi delle mura della città, l’ex presidente del Consiglio visse gli ultimi anni della sua vita circondato da un’umanità discreta e solidale.
Hammamet ricorda Craxi, “l’Uomo Bettino”
È da qui che prende avvio “Hammamet ricorda Bettino. Storie di rispetto, amicizia e gratitudine”, il volume di Antonio Armini ed Ettore Minniti, pubblicato da Edizioni Solfanelli in occasione del venticinquesimo anniversario della morte di Craxi. Il libro non è un saggio politico né un’operazione di rilettura giudiziaria della stagione di Mani Pulite. Come dichiarano gli stessi autori nella premessa, l’obiettivo è un altro. Raccontare “l’uomo Bettino”, in particolare quello degli anni dell’esilio tunisino, attraverso le voci di chi lo ha conosciuto nella quotidianità.
Ne nasce un’antologia di memorie semplici, lontane dai riflettori, che restituiscono un ritratto intimo e umano di una figura centrale della storia italiana del Novecento. Coordinato da Salvatore Di Bartolo e Roberto Giuliano e introdotto da una intensa presentazione di Stefania Craxi, il volume raccoglie testimonianze di cittadini tunisini – Hamida, Kamel, Farez, Zouhir, Nabil, Jamel e molti altri – che ricordano Craxi come un uomo curioso dell’umanità, capace di ascoltare, di aiutare senza ostentazione, di vivere l’esilio con dignità. Emergono episodi minuti ma significativi.
Le passeggiate nella Medina, le partite a dama al café Sidi Bouhdid, l’attenzione verso i più poveri, il rapporto con i pescatori di Selloum. La gratitudine verso un uomo che, pur segnato dalla malattia e dalla lontananza dall’Italia, non smise di essere presente per gli altri. Uno dei punti di forza del libro è lo sguardo rovesciato sul tema dell’esilio. Hammamet non viene raccontata come rifugio dorato, ma come luogo di protezione e umanità, “straniero ma non estraneo”, capace di alleviare il peso di una condizione vissuta come ingiusta. L’accoglienza tunisina non è descritta come gesto politico, ma come espressione culturale profonda: rispetto della persona, discrezione, solidarietà silenziosa.
In questo senso, il volume diventa anche un omaggio collettivo al popolo tunisino e al Mediterraneo come spazio di dialogo e incontro. Accanto alla dimensione narrativa, non mancano riflessioni di carattere storico e politico. Alcuni capitoli ripercorrono il contesto dell’esilio, la vicenda del divieto di espatrio, le polemiche sulla definizione di “latitante”. Fino alle posizioni espresse da Craxi, anche da Hammamet, sui grandi temi europei e internazionali.
Tuttavia, questi passaggi non sovrastano mai l’essenza del libro, che rimane ancorato alla memoria personale e al racconto “dal basso”. “Hammamet ricorda Bettino” si inserisce così in una produzione già ampia su Craxi, ma sceglie consapevolmente una strada diversa: non quella del giudizio definitivo, bensì quella della testimonianza. Il risultato è un libro che non chiede adesione ideologica, ma attenzione; che non chiude il dibattito, ma lo umanizza.
Un’opera che invita a guardare all’esilio non solo come categoria politica, ma come esperienza umana, e che restituisce al lettore il ritratto di un uomo che, lontano dal potere, seppe ancora lasciare tracce profonde nelle vite degli altri.
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