Cronaca

Il caso di Elena Vergori: le ossa ritrovate dopo 20 anni di chi sono?

di Priscilla Rucco -


Non è stato un colpo di scena, ma un’analisi sottovalutata per anni nella storia -ancora avvolta nel mistero – sulla scomparsa di Elena Vergari. La lettera anonima rimasta a lungo dimenticata negli archivi della Procura di Civitavecchia, è diventata “fondamentale” per riaccendere i riflettori su un caso archiviato troppo in fretta. Poche righe scritte a mano. Una mappa disegnata con precisione impeccabile, una data – 5 giugno 2005, giorno della scomparsa di Elena – e un invito diretto: “Scavate qui”. La mappa scritta sul foglio indicherebbe un campo ormai abbandonato ed incolto, tra via Fratelli Bandiera e via Pizzo del Prete, a pochi passi dalla casa della donna. Accanto al disegno ci sarebbero ulteriori dettagli inquietanti: la sagoma di una Mercedes nera (la stessa descritta dal marito la sera della scomparsa), la figura di una donna – compatibile con quella della donna-, e la scritta: “Qui è finita Elena”. Per 20 anni, quel documento non ha avuto seguito, probabilmente è stato archiviato come “inattendibile”.

Il fratello non ha mai creduto all’allontanamento volontario di Elena

Fino a quando Paolo Vergari, fratello di Elena, ha chiesto di visionare tutti gli atti del caso. Ed è stato proprio lui che nel 2025, ha consegnato la lettera alla redazione del programma “Chi l’ha visto?”, che ha deciso di iniziare ad investigare sulla pista fornita dalla lettera. Il 13 settembre 2025 alle 15, una troupe del programma si reca anche sul posto indicato nella mappa – a 700 metri dalla casa di Elena -. Tra le sterpaglie, in una zona degradata, si nota un cumulo di terra smossa, tra residui di plastica e resti ossei. Inizialmente si pensa possano essere ossa di animali. Le coincidenze sembrano troppo evidenti e il dubbio misto alla paura sono troppo forti. La zona viene sequestrata dalla Procura di Civitavecchia, la Polizia Scientifica e i Carabinieri del Ris iniziano immediatamente tutti i rilievi del caso. L’ipotesi che quei resti possano appartenere a Elena Vergari, prende sempre più piede. Attualmente i resti sono ora al vaglio del medico legale e sono già iniziate le verifiche sul rinvenimento del DNA, insieme ai confronti genetici con la famiglia. Ma per chi conosce questa storia da anni, quel campo abbandonato non è più un semplice luogo: bensì potrebbe trattarsi del luogo del delitto di Elena Vergari. Eppure, nessuna indagine per omicidio fu mai aperta né fu mai cercato un movente, un sospetto o una pista alternativa. La scomparsa di Elena venne archiviata come “allontanamento volontario”. Ma né il fratello Paolo né gli amici della donna hanno mai creduto a quella versione. Il giorno della scomparsa (5 giugno del 2000) Elena Vergari ha 47 anni ed è una madre (la coppia ha un figlio), ed una moglie attenta a tal punto da mettere la propria famiglia al primo posto nella sua vita.

La sera della sparizione

Quella sera esce con il marito per uno spostamento romantico a Bracciano ma non farà più ritorno a casa. Tra i vari giri fatti dalla coppia anche una tappa al cimitero dove sono sepolti i suoi genitori a Valtopina (Perugia). Poi, al ritorno davanti a casa, qualcosa accade. Forse una brusca litigata tra la coppia, tanto da attirare l’attenzione di qualcuno. Poi Elena si sarebbe allontanata. Secondo la versione del marito sarebbe salita su una Mercedes nera con targa straniera, dicendo di voler stare da sola e lui, non sarebbe riuscito a fermarla. Da allora, di lei nessuna traccia. Solo un messaggio SMS inviato al figlio poche ore dopo in cui avrebbe affermato: “Sto bene, non mi cercate”. Un messaggio inviato da una cabina telefonica in prossimità della casa in cui abitava Elena – mai ritenuto autentico da chi la conosceva -. Troppe incongruenze ed incertezze, ma probabilmente 20 anni fa, i femminicidi non facevano tanto scalpore tanto da venire ribattezzati come “ allontanamenti volontari”.


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