IN LIBRERIA – Il dolore che resta la vita che ricomincia
Il dolore che resta la vita che ricomincia
Nella Roma degli anni Cinquanta, Marisa e Stelvio si incontrano nella bottega del signor Ettore, il padre di lei. Il loro non è un amore travolgente, ma nasce piano piano, trasformandosi in una relazione solida e profonda. Quel che inizia come un matrimonio riparatore si trasforma in una famiglia unita e felice, fatta di piccole abitudini, affetto e quotidianità condivisa.
La loro serenità, però, viene spezzata bruscamente nell’agosto del 1980, quando Betta, la loro figlia sedicenne, viene trovata senza vita sul litorale laziale. Quella notte, insieme a lei, c’era sua cugina Miriam, testimone muta di una violenza indicibile, troppo giovane e troppo traumatizzata per riuscire a parlare.
Miriam, sopravvissuta, porterà con sé il peso di quella notte per anni, insieme al silenzio e al senso di colpa. Mentre l’indagine sull’omicidio si trascina, rallentata da pregiudizi e omissioni, la famiglia Ansaldo viene risucchiata in un abisso di dolore. Marisa si chiude nella propria casa, incapace di convivere con il senso di colpa e la paura della dimenticanza; Stelvio cerca rifugio nel lavoro e nella quotidianità. Entrambi cercano di sopravvivere alla perdita. Anche Miriam si spegne lentamente, svuotata e tormentata, fino a quando l’incontro con Leo e Corallina — due giovani segnati da un passato difficile — non le offre una nuova possibilità di salvezza, affetto e rinascita.
Tutta la vita che resta è un romanzo d’esordio potente, profondo e maturo. Roberta Recchia affronta un tema complesso come quello del lutto — in particolare la perdita violenta di un figlio — con una delicatezza narrativa che non sfocia mai nel patetico, ma riesce a essere commovente, autentica, incisiva.
Il dolore è il cuore pulsante di questo libro, ma non è l’unico elemento che lo rende così coinvolgente. Accanto alla tragedia, si intrecciano temi come la vergogna, il giudizio sociale, la discriminazione, la tossicodipendenza e la violenza di genere. Argomenti forti, affrontati con rispetto e sensibilità, in una trama che non cede mai al sensazionalismo ma che costruisce una narrazione intima e credibile.
Lo stile di Recchia è semplice ma ricco, capace di toccare corde profonde. La sua scrittura riesce a essere insieme dolce e tagliente, capace di trasmettere la disgregazione interiore dei personaggi ma anche la possibilità di un futuro. La narrazione si muove su diversi piani temporali — dagli anni ’50 agli ’80 — restituendo un ritratto generazionale e sociale vivido, in cui le dinamiche familiari si intrecciano con il contesto culturale italiano.
Tutta la vita che resta lascia il segno. Non è solo un racconto di dolore, ma anche di cura, affetto, solidarietà femminile e coraggio. È un romanzo che si legge con il cuore in gola e che ci ricorda quanto i legami, anche spezzati, possano trovare nuove forme.
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