Attualità

Intelligence protagonista della guerra: lo spionaggio che fa la differenza

di Michele La Marca -


Da qualunque angolazione la si voglia analizzare, “la guerra dei 12 giorni” fra Israele, Stati Uniti ed Iran ha un grande protagonista: l’intelligence. È un’operazione di intelligence quella che crea il panico a Teheran con gli omicidi mirati di scienziati e comandanti militari. È l’intelligence che fornisce, probabilmente integrata da nuclei di forze speciali per la ricognizione e l’acquisizione di obiettivi, le coordinate dei luoghi da bombardare. Ed è sempre l’intelligence a dettare anche i tempi dell’informazione sul conflitto, mescolando propaganda e guerra psicologica. Un esempio da manuale è proprio quello israeliano, con i servizi segreti che diffondono gli audio delle telefonate ai generali iraniani e fanno trapelare racconti sull’efficienza delle spie infiltrate nell’Iran.

Dall’altro lato, gli iraniani non sembrano aver condotto operazioni di intelligence in territorio israeliano (se lo avessero fatto, avrebbero avuto interesse a propagandarlo). Dopo gli smacchi subiti, tuttavia, i pasdaran si affrettano ad evidenziare la prontezza del proprio controspionaggio, raccontando di catture di spie nemiche e successive impiccagioni (se davvero fossero agenti israeliani, non è dato sapere). A Teheran sembrano più preoccupati di trovare il nemico in casa propria che di portare le proprie spie in casa del nemico. Tutto ciò, comunque, ha una sua logica in un regime di polizia alle prese anche con gruppi di dissidenti interni.

Gli iraniani, quindi, sembrano aver giocato “in difesa” senza avere la capacità di prendere il nemico in contropiede. Con una sola eccezione, cioè la famosa scorta di uranio che potrebbe essere stata spostata in tempo per non essere colpita dalle bombe americane. Se fosse vera questa ipotesi, all’intelligence iraniana va dato atto di aver eluso la sorveglianza – anche elettronica – degli israeliani e degli americani e di aver imbastito un’operazione di dissimulazione abbastanza efficace.

Per dovere di cronaca, va precisato che tutti questi scenari si reggono sull’uso del verbo condizionale, perché i veri contorni e i dettagli delle operazioni rimangono avvolti dal segreto, per definizione il caposaldo del lavoro dell’intelligence. Quasi nessun operatore imparziale dei media può andare a verificare le informazioni e, ad ogni modo, un tale lavoro avrebbe bisogno di tempo, risorse e, soprattutto, contatti sul terreno. Di conseguenza la verifica, quando necessaria, ricade sulle intelligence che devono fornire informazioni strategiche e tattiche ai sistemi di sicurezza nazionali, filtrandole da disinformazione, scorie di guerra psicologica e propaganda.

Come evidenziato da vari osservatori in questi giorni sui media, sono almeno 20 anni che gli israeliani (e talvolta anche gli americani) danno per imminente la costruzione di un ordigno nucleare da parte di Teheran. Sono informazioni che la politica ha avuto dall’intelligence? O sono dichiarazioni politiche per intimidire il regime iraniano? I due piani, cioè quello dell’intelligence e della politica internazionale, ancora una volta si confondono e si intrecciano.

D’altronde, se l’obiettivo politico di Israele e degli Stati Uniti è la non proliferazione nucleare in Medio Oriente, l’intelligence utilizzerà tutti i mezzi a propria disposizione per rispettare il compito ricevuto, inclusa una strategia preventiva costituita anche da disinformazione (e non solo dall’eliminazione degli scienziati o dal sabotaggio delle infrastrutture).

Probabilmente, in un gioco di specchi, il compito dell’intelligence iraniana – oltre ad una strategia di controspionaggio della quale non si conosce l’effettiva portata – è stato anche quello di dissimulare, nei limiti del possibile, gli eventuali progressi nel programma di arricchimento dell’uranio, sempre ammesso che lo scopo di Teheran sia quello del nucleare per usi militari. In questo grande gioco delle spie, chi è alla fine il vincitore? Tutti e, quindi, nessuno. L’unica certezza è che, al netto di tutta la potenza degli armamenti, è il sistema di intelligence a continuare a fare la differenza. Vale in Iran, vale in Ucraina, vale ovunque.


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