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Intervista a Pino Bicchielli: ”Il suolo è la nostra prima infrastruttura di sicurezza. L’Italia deve imparare a rispettarlo”

di Marco Montini -


In occasione della Giornata mondiale del suolo, abbiamo scelto di intervistare l’onorevole Pino Bicchielli, Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul rischio idrogeologico e sismico. Una Commissione che sta attraversando l’Italia per ascoltare amministratori, tecnici, scienziati e magistrati, con l’obiettivo di proporre un nuovo modello di governance del rischio. 

Onorevole Bicchielli, perché nella Giornata mondiale del suolo è così importante riportare l’attenzione su questo tema?

“Il suolo è la base fisica della nostra vita collettiva, ma spesso lo consideriamo un semplice “spazio” da occupare. In realtà è una risorsa fragile, limitata e strategica: regola l’acqua, sostiene le infrastrutture, permette l’agricoltura, custodisce biodiversità e, soprattutto, determina il livello di sicurezza di un territorio. Se il suolo cede, tutto crolla: le case, le strade, l’economia. In Italia questo vale più che altrove, perché siamo uno dei Paesi europei più esposti a frane, alluvioni ed erosione. Celebrare la Giornata del suolo significa ricordarci che la prevenzione comincia da qui, dal modo in cui trattiamo il terreno su cui viviamo”.

La Commissione che lei presiede sta realizzando un lavoro molto ampio: quale immagine dell’Italia sta emergendo?

“Stiamo fotografando un’Italia straordinaria per capacità tecniche, ma estremamente delicata dal punto di vista fisico. Dai dati ISPRA sappiamo che oltre il 94% dei comuni ha aree esposte a rischio idrogeologico o sismico. Questo non significa che il Paese sia condannato, ma che servono organizzazione, manutenzione e visione. Le audizioni ci mostrano amministratori e tecnici che conoscono perfettamente le criticità, ma troppo spesso combattono contro procedure lunghe, normative stratificate e una frammentazione che rallenta ogni intervento. L’Italia ha le competenze per prevenire, deve metterle a sistema”.

Cosa significa, in concreto, passare veramente dall’emergenza alla prevenzione?

“Significa cambiare mentalità. Per decenni abbiamo speso ingenti risorse dopo i disastri, mentre la prevenzione richiede interventi ordinari e continui, molto meno costosi. Prevenzione significa pianificazione urbanistica rigorosa, manutenzione dei versanti, monitoraggi costanti, opere strategiche come scolmatori e casse di espansione, ma anche formazione e responsabilizzazione di chi deve prendere decisioni. Ogni metro di suolo consumato senza logica è un rischio aggiunto. Non possiamo più immaginare di costruire ovunque: dobbiamo sapere dove si può e dove non si deve costruire”.

Il consumo di suolo resta un tema critico. Quanto incide sul rischio idrogeologico?

“Incide moltissimo. Quando impermeabilizziamo il suolo, con strade, piazzali, edifici, l’acqua non riesce più a infiltrarsi e scorre più velocemente in superficie, generando frane e alluvioni. È un meccanismo semplice, fisico, ma che spesso ignoriamo. L’Italia negli ultimi anni ha rallentato il consumo di suolo, ma non abbastanza: ogni volta che trasformiamo un terreno agricolo o naturale in una superficie costruita, indeboliamo la capacità di resilienza del territorio. E lo facciamo proprio mentre gli eventi meteo estremi aumentano. È una contraddizione che dobbiamo correggere”.

Lei parla spesso di “cultura della prevenzione”. È davvero un tema culturale?

Assolutamente sì. La prevenzione è tecnica, ma prima ancora è cultura. Significa riconoscere che i territori hanno limiti, che l’acqua segue le proprie leggi, che una frana non nasce dal nulla. Significa educare i cittadini, formare gli amministratori, spiegare che la manutenzione non è un costo ma un investimento. Una comunità che ha cultura della prevenzione pretende piani aggiornati, rifiuta l’abusivismo, accetta i vincoli, capisce che la sicurezza non si improvvisa. Finché questo salto culturale non sarà condiviso, continueremo a rincorrere le emergenze”.

Qual’è il ruolo delle istituzioni nazionali nella gestione del rischio?

“Lo Stato deve garantire continuità, risorse stabili e un quadro normativo chiaro. La frammentazione amministrativa è un freno enorme: troppe competenze sovrapposte generano ritardi. Uno degli obiettivi della Commissione è proprio quello di proporre un modello di governance più semplice ed efficace, con responsabilità definite e procedure semplificate. Bisogna avere il coraggio di accelerare: la sicurezza non può aspettare la burocrazia”.

E i comuni? Sono attrezzati per affrontare tutto questo? 

“I sindaci sono il primo presidio della protezione civile e conoscono ogni centimetro del proprio territorio. Ma non possiamo chiedere a un piccolo comune di affrontare da solo rischi che spesso hanno dimensione interregionale. Serve una filiera solida: Stato, Regioni, enti locali, Protezione civile, consorzi di bonifica, strutture tecniche qualificate. La prevenzione funziona solo se tutti lavorano nello stesso verso”.

La Commissione presenterà una proposta di legge. Quali saranno gli assi principali?

“Tre pilastri: prevenzione, rapidità, trasparenza. Vogliamo dare agli amministratori strumenti più semplici, procedure più veloci e una catena di responsabilità chiara. Non intendiamo creare nuova burocrazia, ma ridurre quella esistente e rendere più efficace ciò che già c’è. Il nostro obiettivo è trasformare anni di analisi e ascolto in un testo che serva davvero a proteggere il Paese”.

Quale è il messaggio che sente di lanciare oggi, nella Giornata mondiale del suolo?

“Che il suolo è la risorsa più preziosa che abbiamo, e che troppo spesso abbiamo trattato come fosse infinita. Non lo è. Ogni volta che lo trascuriamo, lasciamo un debito ambientale ai nostri figli. Proteggere il suolo significa proteggere la sicurezza, l’economia, il paesaggio, la qualità della vita. È una responsabilità collettiva: dello Stato, dei cittadini, delle imprese. Nella Giornata mondiale del suolo rinnovo un impegno semplice ma fondamentale: rispetto, prevenzione, responsabilità. Perché il suolo non è un tema per tecnici: è la base del nostro futuro”.


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