Cronaca

La morte di Barbara Balzerani: Sara, la primula rossa delle Br

di Angelo Vitale -

Barbara Balzerani con Renato Curcio e altri Br in cella durante un processo


“Più che dalla controffensiva del potere siamo stati sconfitti dalla debolezza del nostro impianto teorico e delle sue interpretazioni”. Mai pentita, mai dissociata ma fortemente critica, alla fine, verso l’esperienza della lotta armata, è morta, dopo una lunga malattia, l’ex Br Barbara Balzerani: aveva 75 anni. Nome di battaglia, Sara, la primula rossa delle Brigate Rosse era entrata nella frangia estrema del terrorismo di sinistra appena ventiseienne. Di lì a poco partecipò al sequestro di Aldo Moro occupando insieme al compagno di allora, Mario Moretti, la base operativa di via Gradoli. Venne arrestata nel 1985, a distanza di quattro anni dal tentativo fallito di gestire la scissione dell’organizzazione, guidando la fazione delle “Brigate Rosse – Partito Comunista Combattente”. Dal carcere rivendicò l’omicidio dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti, compiuto dalle Br, e venne condannata all’ergastolo.

Nel 1993 dichiarò di provare “un profondo rammarico per quanti sono stati colpiti nei loro affetti a causa di quegli avvenimenti e che continuano a sentirsi offesi ad ogni apparizione pubblica di chi, come me, se ne è reso e dichiarato responsabile”. Sei anni prima, nel 1987, insieme agli altri due capi della formazione armata liberi dal carcere partecipò ad una clamorosa intervista televisiva concessa al giornalista Rai Ennio Remondino nella quale i tre ex brigatisti concordarono nel considerare conclusa l’esperienza della lotta armata in Italia nell’ottica dei cambiamenti del tessuto sociale nel quale si erano mossi dieci anni prima, e sancirono formalmente la resa definitiva delle BR e l’abbandono della lotta armata.

Il 12 dicembre 2006 venne concessa a Barbara Balzerani la libertà condizionale, prima di tornare definitivamente in libertà nel 2011. Scrisse molti libri sempre inseguita, come in Italia tutti gli appartenenti alle formazioni armate di sinistra e di destra, dalle polemiche politiche o dal dolore inarrestabile dei familiari delle vittime. A segnare quasi, come peraltro accade da sempre per molti degli autori dei reati comuni più efferati, l’impossibilità di “un’esistenza in vita”. Registrando la volontà di molti di cancellare dalla società quanti, pur incarcerati e detenuti, con la sola presenza o parola ricordano il lutto.

Significative oggi, quindi, le reazioni differenti di due familiari di vittime del dovere assassinate dalle Brigate Rosse nell’apprendere la notizia della morte di Balzerani. “Di fronte alla morte non ci sono parole, solo il rammarico perché è venuta a mancare una vita umana, che ha avuto i suoi errori, i suoi sbagli, il suo passato terribile, soprattutto per la società. Ma di fronte alla vita umana c’è solo da farle una preghiera. Ha sbagliato, ha creato dolore ma io non provo odio, perché l’odio distrugge. Pregherò per lei, perché ovunque sarà possa essere accolta”. Così, Giovanni Ricci, figlio di Domenico, carabiniere ucciso nell’agguato di via Fani.

Di segno opposto un altro commento: “La notizia della morte di Barbara Balzerani mi ha scombussolato. La giustizia vera è quella del Signore e adesso deve rispondere a Dio, a noi non lo ha fatto”. Parole di Adriana Zizzi, sorella di Francesco, il poliziotto della scorta di Aldo Moro ucciso nello stesso agguato di via Fani.


Torna alle notizie in home