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L’INGRANDIMENTO – Il suicidio in Mps che non convince la famiglia rossi e neppure la politica

di Redazione -

David Rossi, the spokesman of Monte Paschi di Siena, is seen in this undated photo. Rossi, found dead on March 6, 2013, was under pressure over an investigation into alleged corruption and fraud that has rocked the world's oldest bank, reporters who knew him said. REUTERS/Stringer (ITALY - Tags: BUSINESS OBITUARY)


Fugare ogni dubbio sulla morte di David Rossi, il manager di Mps precipitato il 6 marzo 2013 dalla finestra del terzo piano del suo ufficio a Siena. A dieci anni da quel decesso, archiviato come suicidio ma dai contorni ancora poco chiari da non poter escludere con certezza che non sia stato un delitto, la Camera ha approvato all’unanimità l’istituzione di una nuova Commissione parlamentare d’inchiesta. Si tratta del secondo accertamento istituzionale, dopo quello della scorsa legislatura, che arrivò alle stesse conclusioni tratte da due fascicoli giudiziari: David Rossi si è suicidato. D’altronde a certificarlo c’è una maxi perizia dei carabinieri del Ris, che oltre ad aver effettuato tutte le analisi scientifiche e gli approfondimenti tecnici, si sono cimentati in una sofisticata simulazione della caduta dalla finestra, avvalendosi di strumenti di ultima generazione in grado di ricreare alla perfezione le condizioni di quella notte. Nonostante le conclusioni degli investigatori, che hanno scritto nero su bianco come l’ipotesi che Rossi sia stato spinto giù sia incompatibile con la caduta ripresa nei filmati, la famiglia del capo della comunicazione di Monte dei Paschi di Siena non si arrende. E neppure Fratelli d’Italia, tra i più fervidi promotori della precedente Commissione. Tanto più che l’attuale ministro del Turismo, Daniela Santanchè, è tra coloro che nutrono più sospetti, visto che lei stessa, quella sera, aveva telefonato a Rossi, pochi minuti dopo la morte, e qualcuno rispose al cellulare, senza parlare e restando in linea per una trentina di secondi. Una circostanza inquietante alla luce delle dichiarazioni del colonnello Pasquale Aglieco, all’epoca comandante provinciale dei carabinieri di Siena, che in audizione nella precedente Commissione sganciò la bomba: i pm Nicola Marini, Aldo Natalini e Antonino Nastasi avrebbero inquinato la scena e addirittura Nastasi “mentre eravamo nell’ufficio del manager per un primo sopralluogo rispose al cellulare di Rossi, ad una telefonata di Daniela Santanchè”. Per i tre magistrati, indagati per falso aggravato, la Procura di Genova ha chiesto l’archiviazione, perché “nessuno commette un falso per il solo gusto di commettere un reato”. Il colonnello, nel mentre, è indagato per falsa testimonianza, è in pensione e si è trasferito in Tunisia, per cui non potrà essere interrogato. La seconda Commissione non parte con i migliori auspici.

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