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L’ondivaga Europa somiglia a Macron “Mai più vassalli degli Usa. Anzi no…”

di Ivano Tolettini -

Emmanuel Macron, Ursula von der Leyen


“Né vassalli di Pechino né di Washington”, Emmanuel Macron, come suo solito, va diritto al cuore del concetto di autonomia strategica europea. Le reazioni di buona parte del mondo Occidentale, quello più allineato a Washington, di critica alle dichiarazioni del presidente francese per il quale “l’Europa non dovrebbe lanciarsi in crisi non sue perché deve partire dai propri interessi” a proposito di Taiwan, prendendo le distanze dal governo Biden, non devono stupire. Anzi. Come non deve stupire la posizione del leader transalpino, perché non è dall’altro giorno che egli persegue una dottrina di politica estera dialettica con gli Stati Uniti, auspicando che l’Unione Europea dovrebbe rimodulare la dipendenza dallo storico partner d’oltreoceano, con cui resta legata da profondi e inscindibili rapporti politici, economici, di amicizia e riconoscenza per quanto fatto nella Seconda Guerra mondiale, ma con il quale non sempre i suoi interessi, vedi appunto la crisi di Taipei, collimano e pertanto devono sempre e comunque essere valutati a geometria variabile. A seconda degli interessi di noi europei. Perciò quando rientrando da Pechino, dopo gli incontri con Xi Jinping, cui ha partecipato anche la presidente Ursula von der Leyen, si è domandato da europeo se “abbiamo interesse ad accelerare la questione di Taiwan? No, la cosa peggiore sarebbe pensare che noi europei dovremmo seguire l’esempio su questo argomento ed adattarci al ritmo americano ed a una reazione eccessiva cinese”, Macron ribadisce una posizione che viene da lontano. Gollista, si potrebbe dire, del resto se non ci fosse stata l’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022, che ha costretto gli europei a rinserrare le fila ed a sostenere Kiev anche militarmente di fronte alla vigliacca violazione del diritto internazionale da parte di Vladimir Putin, le affermazioni di Macron sarebbe state ben più incisive sull’argomento. Poco prima che Mosca invadesse parte del territorio ucraino, il presidente francese dichiarò che “la Nato era un’organizzazione in stato di morte cerebrale” e di fronte allo sgambetto americano e britannico nella vendita dei sottomarini nucleari all’Australia, non aveva esitato a ritirare l’ambasciatore francese a Washington. Salvo poi chiudere l’incidente sull’altare di altri contratti commerciali.

UE E NUOVO ORDINE MONDIALE

Che Macron sia il propugnatore di una visione diversa dell’Unione Europea a livello globale, lo dimostra la circostanza che nella prima campagna elettorale che l’ha portato all’Eliseo, egli proponeva la creazione di un ministero delle Finanze e di Bilancio comune dell’Eurozona. Più volte ha ricordato che l’economia della Ue nel 2021 cubava 18,4 trilioni di dollari, e quella della zona euro 16,1 trilioni, rispetto ai 16,9 della Cina e ai 23,3 americani. Ma non solo, la Francia è una potenza nucleare (come il Regno Unito) e siede nel Consiglio di sicurezza all’Onu come membro permanente. Certo, le resistenze e le diffidenze dei partner europei, a cominciare dai tedeschi, per la fuga in avanti francese è palese, tanto che von der Leyen reduce da Pechino ha osservato che “la stabilità nello stretto di Taiwan è di importanza cruciale, l’uso della forza per il cambio dello status quo a livello internazionale è inaccettabile”. Se i leader cinesi sono convinti che il tramonto dell’Occidente preconizzato da Spengler nell’estate del 1918 stia avvenendo, Macron è dell’avviso che “poiché noi europei non siamo in grado di risolvere la crisi in Ucraina, come possiamo ammonire Pechino su Taiwan?”. In realtà quella di Macron quando afferma che “non siamo vassalli di nessuno” è una strategia dell’equilibro per certi versi simile a quella disegnata da Henry Kissinger per Richard Nixon, quando si insediò nel gennaio 1969, sul fronte della Guerra Fredda. “L’Europa e il Giappone, ripresisi entrambi dalle devastazioni della guerra sotto l’ombrello di sicurezza degli Stati Uniti – scriverà in epoca più recente Kissinger – cominciavano a competere economicamente con l’America e a nutrire una visione a volte differente dell’ordine mondiale in via di evoluzione”. Il tema dell’egemonia è centrale nell’analisi di Macron, il quale è dell’avviso – ma su questo è agli antipodi dai suoi predecessori, si pensi a De Gaulle – “che l’Europa, malgrado la dipendenza per gli armamenti e l’energia dagli Stati Uniti, oggi deve concentrarsi sullo sviluppo e potenziamento del suo settore della difesa” per essere in grado di rispondere in maniera autonoma alle minacce provenienti ad esempio da Mosca”. Perché qualora le tensioni tra le superpotenze americana e cinese si dovessero acuire, “l’Europa non avrebbe né il tempo necessario né le risorse per finanziare la nostra autonomia strategica e saremmo ridotti al ruolo di vassalli”. Insomma, Macron punterebbe alla smilitarizzazione del dollaro da parte europea, con una visione simile a quella di Xi, che però punta in prospettiva alla supremazia del Dragone, anche se l’economia americana è sempre pimpante e l’obiettivo di Pechino di puntare a superarla è spostato in là di almeno dieci anni. Intanto, la dottrina di Macron non incontra grossi proseliti a Roma e Berlino, visti i vincoli dei trattati firmati all’indomani del Secondo conflitto mondiale.

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