Pigneto sotto assedio: i commercianti denunciano l’incubo delle baby gang
Risse, minacce, aggressioni fisiche e devastazioni urbane sono diventate la normalità.
Il Pigneto, famoso quartiere di Roma sta lentamente perdendo la sua anima, soffocato da un’ondata di violenza giovanile incontrollata. Questo storico crocevia di cultura, socialità e convivenza oggi si ritrova ostaggio di gruppi di adolescenti violenti e senza freni, veri e propri branchi che seminano paura ogni fine settimana.
Non si tratta più di episodi isolati: risse, minacce, aggressioni fisiche e devastazioni urbane sono diventate la nuova normalità. I commercianti parlano con la voce rotta dalla frustrazione, alcuni con la paura ben visibile negli occhi. «Siamo soli. Letteralmente in ostaggio di baby gang organizzate», raccontano.
Ogni fine settimana, centinaia di ragazzini, molti dei quali chiaramente minorenni, si danno appuntamento tra via Ascoli Piceno e le strade limitrofe, trasformando il quartiere in un’arena. Alcolici venduti a un euro, shot facili, locali presi d’assalto. Scene che si ripetono sotto gli occhi impotenti di ristoratori e residenti.
L’ultimo episodio? Un’aggressione brutale al titolare di un’enoteca, colpito da un gruppo di giovanissimi e trasportato in ambulanza al pronto soccorso. Ma non è certo un caso isolato: «Pochi giorni prima avevano preso a calci un uomo che chiedeva l’elemosina. E ancora prima, un automobilista aggredito perché aveva solo chiesto di poter passare», racconta un altro ristoratore.
Il degrado non risparmia nulla: auto danneggiate, cartelli stradali divelti, microcar parcheggiate nelle aree pedonali, persino alberi e fioriere vandalizzate. Il tutto sotto l’occhio impotente delle autorità. Le forze dell’ordine vengono chiamate, ma il tempo di arrivare e i gruppi si sono già dileguati.
Un’organizzazione preoccupante
Questi giovani non sono improvvisati. Secondo le testimonianze di alcuni residenti, dopo gli scontri si ritirano in cerchio attorno alle loro microcar, coprono le targhe, si cambiano gli abiti – abiti di ricambio nascosti negli zaini – per evitare il riconoscimento. Una prassi che mostra un livello di organizzazione inquietante, e che conferma la gravità del fenomeno.
Nel tentativo disperato di reagire, alcuni commercianti si sono organizzati in gruppi WhatsApp, creando ronde spontanee di solidarietà per proteggersi a vicenda e trovare il coraggio di riaprire ogni mattina.
Ma il senso di abbandono è palpabile: «Non possiamo farcela da soli. Serve una risposta forte, concreta e immediata da parte delle istituzioni. Prima che accada qualcosa di irreparabile».
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