Economia

Pnrr, gli esami non finiscono mai

di Giovanni Vasso -

RAFFAELE FITTO MINISTRO PER GLI AFFARI EUROPEI, IL SUD, LE POLITICHE DI COESIONE E IL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA


Gli esami, come diceva Eduardo De Filippo, non finiscono mai, e vale non solo per il teatro ma anche per il Pnrr. Il nuovo piano, con le sue modifiche, è sulla scrivania dei funzionari della Commissione Ue. Che dovranno valutare l’impatto e le strategie proposte dall’Italia per dare una sterzata. Le modifiche sono, complessivamente, 144. E riguardano nove misure, con la cancellazione di opere e progetti per 15 miliardi di euro. Tuttavia, se i Comuni escono dal Pnrr, ci rientrano le grandi aziende di Stato. E difatti, il governo punta fortissimo sul RepowerUe, il capitolo aggiuntivo del Recovery che servirà a dotare l’Italia di infrastrutture utili a superare i gap legati all’approvvigionamento energetico.

Con ogni probabilità, l’esame, l’ennesimo, da parte della Commissione Ue andrà a buon fine. E il ministro Fitto avrà la sola preoccupazione di ritrovare fondi da utilizzare per finanziare le opere già avviate dai Comuni e stralciate dal grande piano. L’esponente del governo, che ha incontrato sindaci e rappresentanti degli enti locali, è sicuro che i fondi saranno trovati e che nessun progetto sarà definanziarizzato. Intanto, da Bruxelles, è arrivata la conferma delle strategie del governo. La Commissione, infatti, ha riferito che Palazzo Chigi “ha proposto di rivedere 144 investimenti e riforme relative alle sei aree tematiche del piano”. In particolare, le modifiche “riguardano digitalizzazione e competitività, transizione ecologia, mobilita sostenibile, istruzione e ricerca, inclusione e coesione e salute”. Secondo quanto affermano i funzionari Ue, a ispirare le modifiche è stata “la necessità di tenere conto dei recenti venti contrari globali, come l’alta inflazione e vincoli della catena di approvvigionamento”. In pratica, il governo di Roma ritiene di dover dare la priorità alle materie prime, su tutte l’energia, e poi al resto. Di qui è arrivata la necessità di inserire il RepowerUe all’interno del Piano. Questo capitolo, da solo, vale per l’Italia qualcosa come 2,76 miliardi. Che potrebbero addirittura lievitare. Già, perché ci sono da suddividere i fondi che, in teoria, sarebbero andati alla Gran Bretagna se non avesse scelto di voltare le spalle all’Ue con la Brexit. Per ora, Roma “non ha proposto di trasferire fondi dalla Brexit Adjustment Reserve” al suo Pnrr. Se decidesse di farlo, l’Italia potrebbe attingere finanziamenti fino a 5 miliardi.

La partita va chiusa subito. Il governo punta a farlo entro quest’anno. I tempi non saranno eccessivamente lunghi. Bruxelles, infatti, s’è presa quattro settimane per dare l’imprimatur al nuovo piano presentato da Roma. Toccherà al Consiglio, dopo l’eventuale ok dei tecnici, ad approvare le modifiche italiane.

Ma intanto, se in Europa spirano dolci brezze sul nuovo Pnrr, in Italia la polemica è servita. Le Regioni, soprattutto quelle del Sud a guida Pd (leggi Emiliano e De Luca), sono infuriate per essere state praticamente bypassate dal governo. I Comuni temono di ritrovarsi con cantieri aperti impossibili da portare a termine a causa della mancanza di fondi e l’Anci ha rivolto al governo un’accorata richiesta. Che è stata accolta, dal ministro Fitto. Che, a sua volta, ha rassicurato gli enti locali: nessuno resterà indietro. E, soprattutto, nessun Comune rimarrà senza una lira e con gli scheletri dei cantieri a prendere acqua e ruggine. Gli esami non finiscono mai. E questo, accanto e dentro al Pnrr, sarà l’ennesimo. Non solo per la politica ma, soprattutto, per il Paese che non può più permettersi ulteriori ritardi né di impegnarsi in progetti inutili.


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