Editoriale

Salis, l’immunità non sia impunità

di Adolfo Spezzaferro -


Dopo la pausa estiva il Parlamento europeo ha ripreso i lavori. A tal proposito ricordiamo che l’Aula di Strasburgo dovrà esprimersi sulla richiesta dell’Ungheria di revocare l’immunità parlamentare a Ilaria Salis. Eletta con Alleanza Verdi e Sinistra, la militante antifa è stata arrestata a Budapest nel febbraio 2023 con l’accusa di aver aggredito dei militanti di estrema destra assieme ad altri membri della banda del martello (la falce, a quanto pare, non la usano).

La candidatura prima e l’elezione all’Europarlamento poi – con notevole effetto traino in termini di voti per Avs – stanno tenendo la Salis lontana dai tribunali ungheresi. Ma Budapest vuole che sia fatta giustizia. D’altro canto, l’immunità parlamentare è garanzia di indipendenza dei deputati Ue, serve a proteggerli da pressioni indebite e da arresti arbitrari.

Ma il punto è chiaramente un altro: non va confusa con un privilegio, del tutto ingiustificato e inammissibile, di sottrarsi alla giustizia. Nel caso specifico della Salis, poi, le sue imputazioni riguardano fatti che precedono la sua elezione e di certo non hanno a che fare con l’attività parlamentare. Nessuno la vuole arrestare per impedirle di fare il suo lavoro di eurodeputata, insomma. L’immunità infatti è per lo status e la condotta da europarlamentare, non da privato cittadino.

Il rischio dunque è che respingendo la richiesta dell’Ungheria, l’Aula di Strasburgo sottragga la Salis al suo giusto processo e intralci dunque la giustizia (nella fattispecie quella ungherese). A maggior ragione poi che negli ultimi mesi Budapest spesso e volentieri ha assunto posizioni fuori dal coro dei Paesi Ue, talvolta in netto contrasto con Bruxelles.

Ecco perché un no dell’Europarlamento in virtù dell’immunità potrebbe comunque suonare come una rappresaglia contro Budapest – sarebbe da ingenui non tenerne conto. Viceversa, va da sé che se l’Ungheria dovesse ottenere la possibilità di processare la Salis, siamo sicurissimi che gli occhi di tutta Europa sarebbero fissi su quell’aula di tribunale per verificare che il dibattimento proceda senza favoritismi né accanimenti persecutori. E la deputata Avs ha tutto il diritto di affrontare il processo a piede libero senza dover tornare in prigione, e ci mancherebbe pure. Almeno fino alla sentenza, sia chiaro. Infine, non bisogna sottovalutare il fatto che se passasse l’idea che il Parlamento Ue fornisce privilegi e protezioni tali che un suo membro non sia uguale a tutti gli altri cittadini davanti alla legge nel rispondere per presunti reati – lo ripetiamo – precedenti al suo status di eurodeputato, l’Aula di Strasburgo perderebbe (ancora di più) credibilità e autorevolezza.


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