Ops, lo spread è crollato sotto i 70 punti. Chi l’avrebbe mai detto. E, soprattutto, chi avrebbe mai creduto che nessuno, ma proprio nessuno, ne avrebbe parlato. Come se fosse una cosa normale. E non lo è.
Spread a 70 e la Bce chiude sull’emendamento dell’oro da Bankitalia
La Bce chiude le porte al trasferimento dell’oro da Bankitalia al popolo ma Lagarde è avvisata: pure la Francia ha intenzione di riportare le riserve auree sotto il mantello dello Stato. “Verificheremo”, ha spiegato la governatrice della Banca centrale europea a chi le faceva notare che Parigi, come Roma, non si fiderebbe più a tenere l’oro in banca (o in America) e gradirebbe riportarselo a casa. Intanto, però, il “niet” della Bce all’emendamento Malan è di quelli che non ammette repliche. “Il trattato è molto chiaro – ha dichiarato la governatrice – : la detenzione e la gestione delle riserve spettano esclusivamente alle banche centrali nazionali, e la Banca d’Italia non fa eccezione. È l’istituzione che ha il dovere e l’autorità piena di detenere e gestire quelle riserve, come ribadito anche nel nostro recente parere”.
Malan e il dibattito che si è già aperto
Parere che è alquanto scettico sulla fattibilità dell’emendamento sull’oro alla Patria e che solleva dubbi sulla presunta scarsa chiarezza della finalità dell’iniziativa. Cosa su cui il diretto interessato, il capogruppo al Senato di Fdi Lucio Malan, ha ribattuto tirando in ballo pure l’opposizione: “Si tratta di stabilire un atto di principio, significa che l’oro è sempre stato del popolo italiano, anche perché di chi altro dovrebbe essere?”. E poi: “Sappiamo benissimo che è gestito e detenuto dalla Banca d’Italia e che rientra in certa dinamiche finanziarie che vanno al di là dell’Italia”. L’interlocuzione con la Bce, per Malan, “è un obbligo per le norme comunitarie ma ci aspettavamo che, e anche l’opposizione, dicesse, al massimo, che è inutile perché è ovvio. Il fatto però che molti non lo ritengano tale rende particolarmente interessante portare avanti questo emendamento”.
Spread sotto 70 cosa è successo
E mentre ci si appassiona a un argomento che, solo apparentemente, sembra una disfida accademica ma in realtà punta a cambiare (tanto) degli equilibri economici e politici, nel pomeriggio è arrivata una notizia più incredibile di sempre. Almeno rispetto alla narrazione a cui siamo abituati. E su cui, naturalmente, è calata la solita coltre di silenzio. In pratica è successo che lo spread, il terribile differenziale che faceva e disfaceva governi, quel parametro su cui si poteva (e doveva) misurare l’orgoglio e la credibilità nazionale, sia precipitato addirittura sotto i 70 punti base. Fun fact: non succedeva dal 2009. Notazione ancora più divertente: a quel tempo, a Palazzo Chigi, c’era proprio il Cavaliere, Silvio Berlusconi. Per la precisione, ieri, lo spread è sceso a 69,9 punti base. Il rendimento dei Btp decennali è al 3,44% mentre quello dei Bund resta al 2,74%.
Che vuol dire avere un differenziale basso
Ciò significa che fare debito, per l’Italia, diventa molto più facile e, soprattutto, economico. Dal punto di vista politico, invece, vuol dire che la manovra, per quanto rigorosa e sicuramente poco generosa, sta sortendo degli effetti che vanno proprio nel senso auspicato dal Mef e da Palazzo Chigi. Insomma, i mercati restituiscono all’Italia credibilità e fiducia. Solo che adesso, poiché al governo non ci sono gli altri, lo spread ai minimi non fa notizia. Né dovrebbe farci tirare, tutti, un respiro di sollievo inducendo a immaginare che forse dalle secche in cui l’Italia precipitò all’epoca dell’attacco concentrico dei mercati che disarcionò il Cav.
Meloni e il sostegno alle imprese
Altri tempi, altre storie. Stessa opposizione. Ma soffermarsi sui due spread e due misure sarebbe solo un esercizio retorico. Un po’ come quello in cui s’è inerpicato ieri, giornata mondiale dedicata alle persone con disabilità, Giuseppe Conte, leader M5s, ha chiesto di non investire in armi ma di votare le proposte (sue e del suo Movimento) di sostegno ai caregiver. Ieri, all’assemblea Confimi, Giorgia Meloni e il ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti hanno parlato della manovra. E degli obiettivi perseguiti dal governo. Meloni ha ribadito che l’obiettivo è uscire dalla procedura di infrazione per debito eccessivo già a primavera. E di farlo senza “rinunciare agli obiettivi”. Tra cui c’è “il sostegno alle imprese e a chi produce e crea ricchezza e occupazione in Italia”.
Irpef e aziende, parla Giorgetti
Giorgetti invece ha sottolineato lo “sforzo importante del governo per incrementare i redditi reali tagliando il cuneo fiscale” e ha promesso che “nel corso del 2026 il percorso di riduzione dell’Irpef prosegue e si estende a chi non ne ha beneficiato in passato, con ulteriori 3 miliardi e interessa i redditi fino a 50mila euro”. Dunque ha ribadito l’impegno di “stanziare in tre anni circa 9 miliardi per le imprese”. Tra le misure su cui il Mef e Chigi puntano di più ci sono “l’iper-ammortamento per gli investimenti e i materiali tecnologicamente avanzati, oltre che per gli investimenti di efficientamento energetico e sulle rinnovabili”. A cui, infine, ha promesso che l’Italia, in sede Ue, è pronta a mettere il veto su ogni proposta di aumento per le aliquote gas: “L’ho detto chiaramente all’ultimo Ecofin”, ha dichiarato Giorgetti. Che poi ha ricordato: “È da pochi giorni operativi l’Energy Release – ricorda Giorgetti – è un passo che va nella direzione necessaria di tenere insieme investimenti nelle rinnovabili, riduzione dei costi, competitività industriale. Stiamo lavorando su misure che rafforzino questo percorso anche nel 2026”.