Cultura & Spettacolo

TALENTI ITALIANI – Giuseppe Donizetti, il Pashà

di Pasquale Hamel -


Di Giuseppe Donizetti, fratello maggiore del ben più famoso Gaetano, si disse che attraverso la musica contribuì a cambiare il volto di un impero, nel caso specifico dell’impero Ottomano di Mahmud II. Ed in effetti questo talentuoso musicista, nato a Bergamo nel 1788, e stabilitosi definitivamente a Costantinopoli su espresso invito di Mahmud II nel 1828, fu protagonista del vasto progetto di modernizzazione, sul modello europeo, che il sultano, incalzato dalle ingerenze del potente vicino russo, aveva avviato anche per arrestare la cronica decadenza dell’impero.

La “chiamata” di Donizetti in Turchia era giustificata dal particolare curriculum dell’artista, egli era direttore di bande militari, esperto nell’organizzazione dei corpi bandistici, esperienza che aveva maturato prestando servizio nell’esercito napoleonico e partecipando attivamente alla campagna di Spagna e d’Italia al seguito dell’imperatore.

Costantinopoli, città multiculturale, accolse Donizetti in modo tale da convincerlo, fin dal suo arrivo, che quello sarebbe stato il luogo dove avrebbe trascorso il resto della sua vita. Fu, infatti, subito proposto come direttore della neocostituita banda imperiale, incarico accompagnato da un lauto stipendio e godette il privilegio di potere frequentare gli ambienti di corte e di essere considerato confidente dello stesso sultano ciò che gli rese possibile introdurre elementi di modernizzazione nonostante talune resistenze.

Nella capitale turca arrivarono, così, strumenti musicali fino allora sconosciuti che permisero l’allestimento di quegli eventi musicali che allietavano le corti europee. Donizetti ebbe la possibilità di eseguire negli spazi dei palazzi imperiali e far conoscere le opere dei maggiori maestri del tempo e, fra esse, anche quelle del fratello Gaetano. Nello stesso tempo dava avvio ad un Conservatorio musicale specializzato nella formazione di orchestrali e direttori di bande musicali.

Particolare significativo e segno del fascino che esercitava sulla classe dirigente ottomana il fatto che la gran parte di coloro che abbracciarono, con entusiasmo, gli studi musicali fossero figli della migliore società turca, ivi compresi i figli e le figlie del sultano.

All’opera organizzativa, particolarmente apprezzata dai suoi committenti, aggiungeva anche l’opera creativa dando spazio al suo estro artistico. A lui si deve, infatti, il primo “Inno imperiale Ottomano” (Mahmudiye Marsi), che recepiva elementi significativi della cultura musicale bandistica europea. L’inno ebbe un grande successo e incrementò in modo esponenziale il credito che il musicista già riscuoteva da parte del sultano. Non è un caso che, in quei giorni, Il maestro Giuseppe Donizetti venisse gratificato del titolo onorifico di “Pashà”, un privilegio che raramente veniva concesso ad uno straniero. Il successore di Mahmud II, che intanto era morto nel 1839, Abdülmecid I, anche lui impegnato nello sforzo di modernizzazione dello Stato per rispondere alle pressioni interne dei nazionalisti turchi, confermò Donizetti nei suoi incarichi non facendogli mancare il proprio personale sostegno.

Proprio per il nuovo sultano l’artista bergamasco compose la “Marcia Mecidiye”, una composizione che ebbe l’onore di essere presa in considerazione con uno studio del grande Franz Liszt. Bisogna aggiungere che Giuseppe Donizetti non fu soltanto un compositore, ma un vero e proprio pioniere capace di far dialogare due mondi apparentemente distanti.

A Costantinopoli, dove morì nel 1856, visse dunque quasi trent’anni, senza mai tornare in Italia ma, nonostante ironicamente il fratello Gaetano l’appellasse come “il fratello turco”, restò profondamente legato alla sua terra d’origine. È sepolto nella cripta della Cattedrale del Santo Spirito, situata nei locali del liceo francese di Notre Dame de Sion, a Pera, nell’attuale distretto di Beyolu.

Amre Araci, il più noto compositore turco contemporaneo, ha dedicato a questo talento italiano un interessante volume dal titolo “Giuseppe Donizetti. Il Pascià bergamasco” pubblicato dall’editore Sandro Teti nel contesto di una collana diretta da Luciano Canfora con prefazione del grande musicologo Paolo Fabbri, volume nel quale si evidenzia l’impronta indelebile che nella cultura turca ha lasciato questo artista a cavallo tra due mondi, quello occidentale e quello turco i cui rapporti, per secoli, sono stati in conflitto.


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