Attualità

Telefonia e internet, Italia ancora arretrata: l’appello Uncem per una svolta

di Angelo Vitale -


Nel 2023, l’Italia ha raggiunto la quota del 59,6% delle famiglie servite da una connessione Internet ad alta velocità. Un dato che cresce – ampio il passo in avanti negli ultimi 4 anni – ma che è ancora inferiore alla media europea. L’obiettivo fissato dalla Commissione europea per il 2030 è, infatti, dotare tutte le famiglie Ue di connessioni ad alta velocità e di copertura 5G. Un obiettivo finora insormontabile: per la conformazione geografica di alcune zone italiane non si potrà arrivare alla copertura totale con rete fissa, finora assai carente ogni intervento di volta in volta, negli anni, annunciato perché almeno la telefonia e la rete Internet possano essere il primo tassello di un’apertura al rilancio per quelle che ancora oggi, anche per questo motivo, chiamiamo “aree depresse”.

La copertura della rete fissa di accesso ultra veloce a Internet – lo conferma il recente Rapporto Bes di Istat – non è omogenea nel territorio nazionale. Alcuni territori sono sì arrivati a una copertura superiore al 70% – il Molise (84,6%), la provincia autonoma di Trento (77,6%), la Campania (72,1%) e il Lazio (71,7%) . ma rimangono critiche altre zone, ove non si raggiunge nemmeno la soglia del 40% delle famiglie che abitano in una zona servita da Internet veloce: così è, ad esempio, in Calabria (36,1%) e in Sardegna (39,2%). Nemmeno il miglioramento nella distribuzione della connessione ultra veloce a Internet è stato omogeneo in tutte le regioni. Tra il 2019 e il 2023, per esempio, la Liguria ha aumentato molto poco tale copertura.

Il 2023 si è chiuso, nel nostro Paese, con dati non confortanti. Il divario digitale si può individuare nell’esclusione di milioni di cittadini dal collegamento veloce ad Internet garantito dalla tecnologia Dsl, la banda larga. Solo il 22% delle linee italiane attive è in fibra ottica, contro il 66% della Francia e l’ 88% della Spagna. E siamo solo al venticinquesimo posto in Europa per la copertura in fibra FTTH, mentre solo il 7.3% del territorio è raggiunto dalla tecnologia 5G stand-alone, quella non appoggiata alla precedente 4G.

Comprensibile, allora, che l’Uncem che riunisce Comuni e enti montani rilanci un’iniziativa partita 2 anni fa (uno screening del 2019 aveva fruttato 1450 segnalazioni) per raccogliere segnalazioni sui luoghi ove il segnale telefonico o quello della rete internet non arrivi.

“Nella legge di bilancio 2020 – rileva con sconforto l’Ucem – erano stati previsti 1,5 milioni per nuovi tralicci, che ancora devono essere spesi”. Anche le Regioni hanno programmato investimenti e altri dovranno essere previsti nei Por Fesr e grazie al Pnrr, viene evidenziato sottolineando che “dove non arrivano le imprese private, deve intervenire lo Stato con investimenti pubblici. Nessuno deve voltarsi dall’altra parte. Il digital divide parte dalle reti mobili ed è un problema serio. Una cosa è certa: non possiamo intervenire, come Paese, solo lungo le linee dell’alta velocità AC/AV, dove il segnale manca. Serve un piano nazionale per coprire tutte le aree montane. Tutta l’Italia, anche quella più interna, remota, rurale, impervia”. Un’esigenza ogni volta messa con poca efficacia, anche al centro delle competizioni elettorali locali e che, stavolta – questo l’auspicio Uncem – dovrebbe diventare un tema pure per l’agenda di partiti e candidati delle prossime Europee.


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