IL CARRELLO DELLA SPESA – Spreco alimentare, quanto ci costi
Dalla dispensa alla pattumeria: un mare di rifiuti ci costa 300 euro l'anno
Spreco alimentare, quanto ci costi. Il primo passo verso il risparmio è tanto facile da ammettere quanto, purtroppo, duro da attuare: evitare di riempire i carrelli prima per ammonticchiare rifiuti a casa. C’è da dire, però, che le famiglie italiane, rispetto al passato, qualche sforzo in più lo stanno facendo. Trovandone pure benefici, oltre che economici, anche psicologici. Stando a una recente inchiesta dell’Osservatorio Waste Watcher International, difatti, il 61 per cento degli italiani che mette in atto comportamenti virtuosi per evitare gli sprechi alimentari diventa più ottimista sul futuro del pianeta, accantonando, almeno per un po’, l’ormai famigerata “ecoansia”. Che si rivela una leva importante per spingere le persone a essere più responsabili nella gestione della dispensa. Stando alla stessa ricerca, infatti, il 79 per cento degli intervistati s’è detto motivato dai problemi ambientali a una presa di coscienza che passa attraverso una scelta più ponderata negli acquisti.
Abitudini che, pian piano, vanno consolidandosi. Come riferisce un’indagine di Cittadinanzattiva e Università Cattolica del Sacro Cuore, un cittadino su due (50%) si dice molto attento alla gestione degli scarti alimentari mentre il 49% degli italiani intervistati avrebbe iniziato ad attuare strategie di acquisti calibrati, ossia limitando le quantità da comprare all’effettivo bisogno, e addirittura il 63% presterebbe ancora maggiore attenzione alle scadenze. Il rovescio della medaglia è rappresentato dal fatto che solo il 20 per cento dei consumatori consulta con regolarità le etichette. Ma ciò non è (solo) per pigrizia. È perché talora le informazioni riportate sono scritte con caratteri troppo piccoli, ritenuti quasi illeggibili. Il fenomeno, però, resta. Ed è grave. Perché, oltre ai danni ambientali, la beffa economica maggiore si ritorce contro le famiglie dal momento che la maggior parte dei rifiuti di natura alimentare vengono prodotti proprio tra le pareti domestiche, nelle case degli italiani.
Ma quanto costa lo spreco alimentare? Tanto, tantissimo. Per il Wwf addirittura ci costa un intero punto di Pil. Si tratta di oltre quindici miliardi e mezzo di euro (15,6 miliardi) in cibo che finisce, regolarmente, in pattumiera. In pratica, sempre secondo i calcoli del Wwf, ogni italiano in media butta nella spazzatura cibo per circa trecento euro ogni anno. Una signora cifra. In cima alla lista degli alimenti sprecati finiscono, per ragioni più che ovvie, quelli freschi e più facilmente deperibili: verdure, latte, yogurt, pane. Cibi di utilizzo quotidiano. Che, probabilmente, potrebbero essere gestiti con più parsimonia. Una soluzione, quasi l’uovo di Colombo, è nelle case di tutti. Gli alimenti meno sprecati, difatti, sono i surgelati. Solo il 2,23% delle quantità vendute viene buttato. Lo rivela, di nuovo, Waste Watcher che nota come, a fronte di una quantità settimanale media stimata in circa sette etti a famiglia (dato peraltro in aumento addirittura del 18%), di cibo gettato, per quanto riguarda i surgelati non si sprechi quasi nulla: appena quindici grammi. Un impatto a dir poco minimale rispetto a 667 grammi di cui parlano, oggi, le statistiche. Ben altro destino, dunque, rispetto a quello che incombe sulle verdure fresche, di cui si getta via, mediamente, il 37% o su quelle conservate in vasetto o barattolo, il 17,4% di cui finisce nella spazzatura. Il risparmio, specialmente in tempi incerti come questi, è fondamentale. Ma comincia dalle buone abitudini. La prima è evitare, per quanto possibile, ogni spreco alimentare.
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