Omicidio Legrottaglie: Giuseppe Tiani (S.I.A.P) scrive all’ANM
L'auspicio di Tiani è che questa dolorosa vicenda diventi occasione di crescita collettiva e rinnovi una ideale alleanza e comune sentire tra tutti i protagonisti della sicurezza pubblica
Pubblichiamo integralmente la lettera del Segretario generale del Sindacato Italiano Appartenenti Polizia, Giuseppe Tiani, avente ad oggetto le attività investigative successive all’omicidio del Brigadiere C. Carlo Legrottaglie, iscrizione nel registro degli indagati dei colleghi del Commissariato di Grottaglie quale “atto dovuto” e relativa anticipazione di spese peritale in capo ai medesimi operatori.
Signori Magistrati,
sentiamo l’irrinunciabile dovere di intervenire al dibattito seguito alla nota della Giunta Esecutiva Sezionale dell’Associazione Nazionale Magistrati – Distretto di Lecce, pubblicato dal Quotidiano Nazionale SenzaColonne NEWS.IT il 16 giugno cm. Il documento animato da condivisibili e comprensibili ragioni di tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della funzione requirente, ha suscitato sconcerto e amarezza tra il personale di polizia e delle forze di polizia.
In via preliminare, evidenzio per amor di verità, che i due colleghi del Commissariato di Grottaglie sono stati iscritti nel registro degli indagati per i reati, di omicidio colposo in relazione all’adempimento del dovere, legittima difesa, eccesso colposo di legittima difesa ai sensi degli art. 589, 51, 52 e 55 c.p. – in quanto protagonisti dello scontro a fuoco nel quale ha perso la vita il pluripregiudicato Michele Mastropietro, responsabile dell’omicidio del collega Brigadiere dei Carabinieri Carlo Legrottaglie.
L’iscrizione nel registro degli indagati dei due colleghi, come precisato a più riprese da diverse fonti e numerosi organi di stampa, è stata qualificata come “atto dovuto” ex art. 360 c.p.p., finalizzato a consentire l’espletamento delle indagini irripetibili e a garantire ai colleghi il pieno esercizio del diritto di difesa.
Contestate le asimmetrie di trattamento
Ciò premesso, il S.I.A.P. non ha contestato in linea di principio l’azione e le prerogative dell’Autorità Giudiziaria, né l’obbligatorietà dell’azione penale sancita dall’art. 112 della Costituzione, ma con ferma posizione critica ha posto in evidenza, l’asimmetria di tutele economiche e giuridiche che, come una scure colpiscono gli operatori di polizia, ogni qual volta si trovano nell’incresciosa situazione di dover rispondere di “eccesso colposo” in ragione d’interventi eseguiti nel corso del servizio. Interventi che talora, non lasciano alcuna alternativa operativa e vengono compiuti dagli appartenenti alle Forze di Polizia, sempre nell’alveo delle previsioni delle fonti normative e degli art. 51, 52, 53 e 54 c.p. e 55 c.p.p. –
È francamente inaccettabile, sotto il profilo etico prima ancora che giuridico, che ai due colleghi – investiti da un procedimento penale originatosi in un contesto di altissima pericolosità – possa essere chiesto di anticipare di tasca propria il costo delle perizie, che per la sola perizia balistica dei bossoli non è inferiore a 1220 €, un’attività necessaria a individuare in aperta campagna, i bossoli esplosi dal malvivente deceduto. Non credo sfugga a nessuno, la sproporzione fra l’onere economico richiesto e la retribuzione media di un appartenente alla Polizia di Stato, considerato, tra l’altro, che gli operatori di polizia, non agiscono per interesse privato ma a tutela della collettività e dell’interesse pubblico, attraverso le funzioni e i poteri che lo Stato gli ha delegato.
La CEDU ignorata ancora una volta
La frustrazione che affiora dalle parole dei colleghi, e che il Sindacato accoglie e ascolta ogni giorno nelle proprie sedi e posti di lavoro, non è un risentimento che si fonda su una cultura corporativa, che il Siap rigetta e contrasta da sempre, bensì la legittima reazione di chi si vede costretto a difendersi come qualsiasi privato cittadino da imputazioni scaturite nell’esercizio di una funzione essenziale. La giurisprudenza della CEDU in più pronunce, ha posto l’accento sulla necessità di assicurare ai pubblici ufficiali coinvolti in quadri operativi con conflitto a fuoco, una cornice procedimentale chiara, equa e soprattutto proporzionata sotto il profilo degli oneri difensivi, onde evitare un inammissibile “effetto ghiaccio” che induca per timore di conseguenze penali ed economiche, a un atteggiamento rinunciatario o attendista, con grave pregiudizio per la sicurezza collettiva e per la giustizia.
La posizione del Siap
Il Siap non ha mai inteso e non intende alimentare sterili e nocive contrapposizioni con la Magistratura. Siamo consapevoli che Carabinieri, Poliziotti, Finanzieri e Magistrati operano “dalla stessa parte, quella giusta” – per mutuare l’espressione contenuta nel richiamato comunicato dell’A.N.M. – ma proprio in virtù della comune missione per la giustizia e la sicurezza, evidenziamo che l’equilibrio istituzionale di una democrazia si fonda anche su una reciproca responsabilità verso i diritti e la tutela dai rischi degli ufficiali e agenti di PG, che non possono trasformarsi ad ogni evento critico, in bersaglio di giudizi sommari che insinuano il dubbio, delegittimazioni mediatiche e soprattutto esposizioni pecuniarie insostenibili.
Contestualmente, rivolgiamo un appello alle Autorità di Governo e al Parlamento, affinché si ponga mano con urgenza, a una disciplina organica che vada oltre quanto e stato già previsto e apprezzato nell’ultimo decreto sicurezza in tema di tutele e tutela legale, e si riconosca agli appartenenti alle Forze di Polizia e alle Forze Armate il diritto al gratuito patrocinio ex officio nei procedimenti penali connessi all’espletamento del servizio, sul modello di quanto previsto in altri ordinamenti. Per chiarezza, non abbiamo mai invocato e non invochiamo, “impunità o immunità”. Una simile riforma, oltre a restituire dignità e serenità agli operatori, limiterebbe la proliferazione di iniziative solidaristiche che, seppur lodevoli, non possono divenire prassi surrogatoria di doveri e obblighi che dovrebbero gravare sullo Stato e le sue articolazioni organizzative.
La rabbia della base
Ci preme sottolineare che la rabbia “serpeggiante fra la base” – per usare le parole dei colleghi – nasce dall’impressione che dietro l’espressione tecnica «atto dovuto», si celi talora una scelta deflattiva di responsabilità a più livelli, uno scarico di oneri sulla parte più debole del sistema, il poliziotto o l’operatore in uniforme, costretto a difendersi in proprio, mentre l’Amministrazione di appartenenza priva di strumenti, fatica a far valere in maniera incisiva la presunzione di legittimità dell’azione di polizia. È arrivato il momento di superare la rituale rassicurazione «abbiamo piena fiducia nella Magistratura» che i poliziotti non hanno mai messo in dubbio, di cui si fidano e rispettano sostanzialmente e non formalmente, ma al contempo affermano con fermezza, che lo Stato e suoi poteri devono avere piena fiducia nei suoi servitori, garantendo loro copertura normativa, tutela economica e sostegno psicologico dall’istante successivo all’evento critico.
Le parole dell’ANM
Né può lasciarci indifferenti – lo diciamo con rispetto e franchezza – il passaggio del comunicato dell’A.N.M. che definisce “né condivisibili né accettabili” alcune valutazioni espresse da esponenti politici e sindacali. In uno Stato di diritto, le critiche, pur aspre, rivolte all’operato di qualunque organo istituzionale rientrano nella fisiologia della dialettica democratica, e non vanno vissute come delegittimazione, bensì quale contribuito a migliorare la fruibilità della reciproca fiducia nella diversità delle funzioni e responsabilità, poliziotti e magistrati nei momenti bui e drammatici della Repubblica, quando hanno combattuto mafia e terrorismo vivevano e perivano insieme. La responsabilità è linfa vitale per tutte le istituzioni, comprese quelle di Polizia, ragion per cui riteniamo che l’odierno costruttivo confronto, in quanto privo di secondi fini ma leale non può che tradursi in un avanzamento complessivo del sistema sicurezza-giustizia.
Per quanto brevemente esposto, la scrivente O.S. ribadisce totale e affettuosa vicinanza ai familiari del Brigadiere Capo Carlo Legrottaglie, il cui sacrificio deve continuare a ispirare il nostro quotidiano impegno; esprime solidarietà piena e incondizionata ai colleghi coinvolti, ai quali offriamo assistenza legale e tutela sindacale sino alla conclusione dell’iter processuale. Sollecita il Dipartimento della Pubblica Sicurezza a farsi carico nell’immediatezza, delle spese difensive dei propri dipendenti nei procedimenti penali connessi al servizio. Chiede al Governo e al Parlamento di introdurre, in tempi brevi un fondo statale di tutela legale per le Forze di Polizia, finanziato dal bilancio dello Stato e non dalla generosità dei cittadini. Ribadisce la propria fiducia nella Magistratura inquirente che siamo certi, definirà i necessari accertamenti nel minor tempo possibile, al fine di restituire ai colleghi indagati, e alla comunità stessa, quella serenità indispensabile per continuare a svolgere con dedizione il proprio dovere.
La speranza di Tiani
Confidando con speranza, che questa dolorosa vicenda diventi occasione di crescita collettiva e rinnovi una ideale alleanza e comune sentire tra tutti i protagonisti della sicurezza pubblica, Polizia di Stato, Carabinieri, Magistratura e Politica nel rispetto e fiducia verso le prerogative, ruoli e delle funzioni di ognuno, nella piena consapevolezza che tutti insieme formiamo lo Stato, e tutti nessuno escluso, devono concorrere alla tutela di chi, armato di una divisa e di un giuramento, presidia la linea sottile che separa la convivenza civile dalla barbarie.
Il Segretario Generale
Giuseppe Tiani
Torna alle notizie in home