Economia

Risiko? No, Monopoli: Giorgetti e la guerra (di carta) delle banche

La versione del ministro che non lesina staffilate: "Soldi non ne mette nessuno"

di Giovanni Vasso -

Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, durante la conferenza stampa al termine del CdM che ha dato il via libera al Def, Roma, 09 aprile 2025. ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI/FILIPPO ATTILI +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++ NPK +++


Più che un risiko, un Monopoli: le banche si fanno la guerra lanciandosi aeroplanini, anzi offerte, di carta e (solo) su carta. La verità, per il ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti, è che nel bailamme di offerte pubbliche di acquisto, ricorsi alla Consob, esposti in Procura, appelli ai soci che caratterizzano questa fase convulsa, e apparentemente ricca, del sistema bancario italiano “soldi non ne ha messi nessuno”. Se non fosse stato a dirlo proprio Giorgetti, sulla cui visione del mondo e dell’economia segnatamente non si possono nutrire dubbi, parrebbe quasi di ritrovarsi di fronte a una citazione da libretto rosso, uno sberleffo maoista. Con le banche, appunto, novelle “tigri di carta”. Di certo non sarà stato quella l’ispirazione ma lo sberleffo, però, quello resta e scotta sul viso dei top manager degli istituti bancari che, ormai da mesi, si fanno una guerra guerreggiata che ha chiamato in causa ogni luogo del potere: da quello politico e istituzionale fino all’informalità dei salotti che pesano. “Tutte le operazioni che vedo io sono fatte di carta. Soldi non li ha messi nessuno, è una cosa abbastanza singolare ma ne prendo atto”, ha affermato ieri mattina Giorgetti a margine dell’audizione al Copasir. Che, poi, si lava le mani, almeno formalmente, del risiko bancario: “Sono coloro che devono essere chiamati a vendere che dovranno valutare se sono interessati o no”. In teoria, una testimonianza di laissez-faire. Nella pratica, una sorta di giustificazione a chi tenta di resistere alle offensive su carta che si susseguono da ogni parte.
Ma che ci era andato a fare, Giorgetti, al Copasir? Era stato convocato per riferire circa l’operato del Mef a proposito di Monte Paschi e della cessione del 15% del capitale dell’istituto bancario senese: “Ho ribadito qui al Copasir l’assoluta correttezza dell’operato degli uomini e delle donne del Mef che hanno lavorato sull’operazione che è assolutamente identica in termini di procedura a quelle fatte precedentemente”, ha spiegato il ministro. Che ha aggiunto: “Faccio presente che l’uscita da Mps si è chiusa con una lettera della Commissione europea che ha dato l’ok e ha detto che abbiamo puntualmente rispettato tutte le condizioni poste nel 2017 per perdere il controllo di Mps”. E allora, perché tornare a parlare di un affare già archiviato? “Questa lettera è arrivata all’inizio del 2025 ed eravamo molto contenti di questo, adesso ovviamente – ha spiegato il titolare di via XX Settembre – c’è un commissario diverso e magari vorrà in qualche modo capire quello che ha fatto il precedente, però siamo assolutamente tranquilli”. E pure contenti di come siano andate le cose: “Il Tesoro non è un azionista invadente, il management ha deciso in autonomia le sue scelte e noi le rispettiamo. Fino ad adesso in particolare l’amministratore Lovaglio, che ringrazio, ha gestito in maniera brillante l’operazione di salvataggio. Mps fa utili ed è valorizzata, questo fa bene anche alle casse dello Stato”. Giorgetti è poi tornato sulla vicenda Golden Power, le due parole magiche su cui si sono imbastite posizioni e polemiche: “L’audizione di oggi al Copasir conferma che le vicende legate al Golden power sono ritenute dal Parlamento questioni di sicurezza della Repubblica”, sentenzia il ministro, chiudendo così una questione che per molti degli attori impegnati nel risiko bancario, rimane apertissima.
A proposito di Mps, ronza ancora l’eco della notizia secondo cui la Bce ha dato l’ok all’Ops di piazza Salimbeni su Mediobanca: “La decisione della Bce, che fa il suo mestiere, riguarda Mps. Noi facciamo il governo, quelle sono decisioni che spettano giustamente alla Bce e all’autorità europea”. Non si sbilancia in pronostici: “Lo deciderà il mercato se è conveniente per gli azionisti, come tutte le operazioni”. E torniamo al punto precedente. Operazioni che, ha sorriso Giorgetti, si fanno mettendo sul piatto tanta, ma tanta, carta mentre di soldi veri non sembrano vedersene in giro. Più che un risiko, un Monopoli. Ma gli effetti saranno, e già sono, più che reali e concreti e non soltanto nelle alte sfere manageriali o nel gotha economico-finanziario di questo Paese. Lo sono anche, se non soprattutto, per correntisti e comuni mortali.


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