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Attualità

A rischio l’olio Evo “italiano” per il crack della filiera in Tunisia

A Bruxelles l'onorevole Cavedagna chiede un'indagine antitrust e controlli più serrati

di Angelo Vitale -


Allarme frodi olio, secondo la catena produttiva italiana il rischio è altissimo per l’olio Evo “italiano” dopo il crack della filiera in Tunisia.

Allarme frodi, a rischio l’olio Evo “italiano”

Un’allerta ricorrente, mai sopita. Nel febbraio scorso Coldiretti denunciava l’arrivo di 65 milioni di litri di olio extra Ue nel 2024. E aveva portato duemila agricoltori e produttori a Civitavecchia per presidiare il porto in occasione dell’arrivo di una nave carica di prodotto estero.

Una denuncia per difendere il Made in Italy contro la manovra speculativa di chi acquista olio straniero per realizzare margini sempre più alti di profitto mettendo all’angolo i produttori nazionali. L’olio extravergine tricolore insidiato da quello che lo falsifica spacciandosi per tale.

“Imputato” già mesi fa l’olio tunisino, che Coldiretti indicava”venduto sotto i 5 euro al litro”, favorito nell’arrivo in Italia da un accordo stipulato dalla Ue che prevede l’importazione, lungo tutto l’anno, di 56.700 tonnellate di oli vergini d’oliva, nella cui categoria merceologica sono compresi olio extravergine d’oliva, olio vergine d’oliva e olio lampante, senza applicazione di dazi doganali.

La denuncia

Ora, la rinnovata denuncia da parte di Gennaro Sicolo, presidente di Italia Olivicola e vicepresidente di Cia-Agricoltori Italiani, che si è rivolto nuovamente al sottosegretario Patrizio La Pietra dopo averlo incontrato nei giorni scorsi. L’olio Evo dichiarato come “italiano” – è stato segnalato – viene venduto all’ingrosso a 7,7 euro e anche a 7 euro al chilogrammo.

“Occorre che vendite di questo tipo siano messe sotto la lente di ingrandimento degli organismi di controllo”, chiede Sicolo. La Pietra, giorni fa, aveva promesso controlli interforze. Da indirizzare, sostengono Italia Olivicola e Cia, verso l’olio tunisino. Sicolo parla di “debolezza della Tunisia olivicola-olearia” e dice: “Non chiediamo di chiudere le frontiere, ma di rafforzare i controlli. Gli amici tunisini vanno aiutati a crescere, a valorizzare il proprio prodotto, a creare valore aggiunto per la propria economia e il proprio benessere”.

Ma l’obiettivo, lo si afferma chiaramente, è “un mercato trasparente e onesto” che l’attuale situazione non può garantire.

L’allerta a Bruxelles

È successo, infatti – Sicolo lo rammenta espressamente – che la denuncia del rischio frodi è arrivata pure a Bruxelles.

L’onorevole FdI Stefano Cavedagna, componente delle Commissioni che si occupano della Protezione dei Consumatori e della Sicurezza Alimentare, chiede un rafforzamento della catena di controllo su quanto avviene. E sollecita l’Europa a valutare un’indagine antitrust che approfondisca il pericolo di cartelli in grado di condizionare i prezzi.

I produttori segnalano, infatti, movimenti di mercato in controtendenza in alcune borse merci, con quotazioni in calo, mentre il trend è stabile o addirittura in ascesa.

A Bari e soprattutto in Sicilia il prezzo dell’olio extravergine di oliva è salito del 10% in una settimana – sia a Palermo sia a Trapani – con il record dell’olio Dop Monti Iblei a 14,85 euro al chilogrammo secondo Ismea Mercati.

“Parallelamente – afferma Cavedagna nell’interrogazione – si rileverebbero consistenti flussi di olio vergine proveniente da Nord Africa, in particolare Tunisia, e da turchia a prezzi sensibilmente inferiori, che influenzerebbero anche il mercato italiano e quello spagnolo, principali riferimenti. E il prezzo dell’olio tunisino sarebbe crollato a 2,8 euro al chilogrammo a gennaio 2025 dai 4,2 euro al chilogrammo di novembre 2024, apparentemente per la crisi della società Bioliva Med Company”.

Il crack in Tunisia

I canali illeciti di ingresso sul mercato italiano appaiono tutti collegati al crack della società guidata da Adel Ben Romdhane, uno scandalo finanziario che ha lasciato un buco di circa 180 milioni di euro.

Ben Romdhane era il principale mediatore nell’export di olio di oliva tunisino sfuso. La Bioliva è indebitata con numerose aziende, italiane, spagnole e americane, e il tribunale di Ben Arous in Tunisia sta valutando se concedere o meno una procedura di concordato preventivo o dichiararne il fallimento.

Senza Romdhane, fuggito all’estero, le dinamiche commerciali dalla Tunisia sono divenute opache, influenzando direttamente il mercato italiano. Ecco perché il collasso del sistema oleario tunisino interessa così da vicino l’olio extravergine “italiano” che rischia di arrivare sulle nostre tavole.


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