Marattin arricchisce i comitati per il referendum. Nasce “Giustizia Sì!”
I comitati per il Sì al referendum sulla riforma della giustizia crescono di numero giorno dopo giorno. Ieri alla Camera è stato presentato quello promosso dal Partito Liberaldemocratico di Luigi Marattin, ‘Giustizia Sì!’. Il presidente è l’avvocato Giammarco Brenelli. A differenza degli altri comitati che si sono costituiti finora, questo però ha un proprio tratto distintivo che balza subito all’occhio e che i promotori ci tengono a sottolineare. È diretta emanazione di un movimento politico. Nessuna paura di metterci la faccia. Anzi, contrariamente alla strategia che va per la maggiore, l’intenzione è proprio quella di non fuggire da una politicizzazione del referendum.
L’intenzione di politicizzare il referendum
E se la disponibilità a collaborare con gli altri comitati, con il mondo associazionistico e con i movimenti politici è totale, non manca una stoccata proprio ai partiti. Una sorta di guanto di sfida lanciato per spronarli a venire allo scoperto. “I partiti stanno giocando a nascondino” secondo Marattin per paura che l’esito referendario determini conseguenze politiche. Una storia, d’altronde, già vista in passato, quando Renzi insieme al referendum perse anche Palazzo Chigi. “Tra le tante cose che abbiamo distorto in Italia, c’è anche il verbo politicizzare”, spiega Marattin parlando con L’identità a margine della presentazione del comitato Giustizia Sì!. Il timore dei partiti sarebbe dunque quello che, schiarendosi apertamente, il Sì o il No al referendum “avrebbe delle conseguenze sul giudizio su Giorgia Meloni, su Elly Schlein o su altri”. Marattin, però, non la pensa così.
I partiti e i comitati per Sì al referendum sulla giustizia
“Politicizzare non significa questo”, aggiunge, “vuol dire che un partito politico che si fonda su una visione di società prede posizione su un tema chiave che riguarda proprio quella visione della società”. E proprio a proposito della “visione della società” e in particolare di quella sulla riforma, il segretario del Partito Liberaldemocratico insiste. “Il fatto di avere una giustizia in cui il giudice sia completamente indipendente dal pubblico ministero, quindi la naturale prosecuzione della riforma del 1989 che fu approvata a larghissima maggioranza, è una questione politica. E’ una questione che riguarda i cittadini, è una questione di merito. Perché un partito non dovrebbe schierarsi? Questo vuol dire politicizzare e noi lo facciamo”.
La giustizia come arma di lotta politica
Basta, dunque, preoccuparsi delle sorti del governo, del campo largo o di altro che nulla ha a che vedere con un referendum utile a portare a compimento la riforma del socialista Vassalli. “L’unico motivo per cui si è creata polemica è che in questi trent’anni la giustizia è diventata un’arma di lotta politica. Un altro significato distorto del termine politica”, conclude Marattin.
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