Economia

“Nessuno vince la guerra dei dazi”, parla Geraci

di Giovanni Vasso -


“Nessuno può vincere la guerra dei dazi ma la via della pace tra Usa e Cina è ancora lunga”. A L’identità, l’economista Michele Geraci analizza gli ultimi sviluppi sulla guerra commerciale tra Washington e Pechino e ricorda: “Ho già convinto Trump, da sottosegretario, a toglierci i dazi: ecco cosa gli ho detto”.

Professor Geraci, a Londra si è aperto l’ultimo atto della guerra dei dazi. O no?
“Penso che si tratti solo di uno dei tanti passaggi che serviranno prima di arrivare a una soluzione perché la problematica è molto complessa e da quanto ho sentito dire dalle due parti con le quali ho avuto modo di parlare, le cose vanno giustamente un po’ a rilento. C’è ottimismo, però. E cautela”.

Quale è il nodo?
“ Trump deve accettare che il deficit commerciale con la Cina non è un danno per l’economia americana, anzi è un beneficio. Ma ciò va contro la sua filosofia. Fa parte di quelli che credono che il deficit sia un male e perciò ha bisogno di capire, passo dopo passo, che comprare cose da Pechino non è negativo per gli States. E questo non si può capire certo in due giorni”.

Cosa occorrerebbe spiegargli?
“Quando ero sottosegretario, andammo col governo Conte I alla Casa Bianca quando impose i dazi sul vino italiano. Gli spiegai, con carta e penna, che una bottiglia che noi vendevamo loro a dieci dollari, veniva poi rivenduta dai loro ristoranti a cinquanta. Quella transazione, che per noi valeva 10, per l’America valeva 40. Altro che invasione”.

E lui?
“Si convinse, infatti tolse i dazi. Credo che sia ciò che dovrebbero fare a Londra i delegati cinesi: spiegare analiticamente a Trump perché conviene, all’America, comprare Iphone prodotti in Asia. Ed è quello che chiederei di fare al governo italiano e cioè di andare alla Casa Bianca per spiegare, per filo e per segno, per evitare l’imposizione dei dazi alla nostra economia”.

La Cina si erge paladina dell’anti-protezionismo e del globalismo. Eppure parliamo sempre di un sistema socialista. Un paradosso?
“La sensazione a Pechino è che Trump, tra guerre e dazi, stia facendo alla Cina un grosso regalo. E Pechino ne approfitta: abbassa i dazi in ingresso un pochino, azzera quelli sui beni in arrivo dall’Africa, punta sugli accordi di libero scambio coi Paesi Asean, fa la Belt and Road, va dai Brics, si presenta all’Onu come partner affidabile. Pechino, proprio mentre gli Usa si tirano fuori da organizzazioni come Wto e Oms, difende le risoluzioni attraverso le entità internazionali multilaterali. Impensabile fino a qualche anno fa.

Terre rare contro tecnologia americana. Lo scontro è (davvero) tutto qui?
“Mi pare uno scambio per raffreddare i rapporti, un segnale di apertura al negoziato. D’altronde si tratta, paradossalmente, di un argomento abbastanza facile da comprendere. La Cina vuole vendere le terre rare, se ha bloccato l’expo lo ha fatto solo per ritorsione. E gli Usa hanno capito che Pechino, se non avrà prodotti hitech Usa, si farà le tecnologie da sola”.

Tra i macrotemi c’è Taiwan?

“È un tema serio, importante ma non è argomento di discussione. Al solo nominare Taiwan, che considerano un affare esclusivamente interno, i cinesi chiudono ogni trattativa”.

L’Ue sta provando a “entrare” nel Sud-est asiatico…
“La Cina negli ultimi anni ha più commercio con i dieci Paesi Asean che con l’Ue che è stata superata. E poi c’è la geografia. Nessuno ha interesse a fare guerre coi Paesi confinanti così come nessuna azienda ha interesse a esportare in California piuttosto che in Vietnam, a parte la disparità di reddito. Ceteris paribus, è sempre più conveniente commerciare coi Paesi vicini. Poi c’è da considerare, oltre alla forza della geopolitica, un forte sentimento anti-occidentale dall’India che ce l’ha con la Gran Bretagna fino all’ex Indocina che fu francese passando per il Vietnam bombardato, ai tempi, dal napalm Usa. Certe cose non si dimenticano…”.

Quale scenario si aspetta? La globalizzazione come la conosciamo resisterà?
“L’indicatore che mi pare il più eloquente è la regionalizzazione del commercio. Piuttosto che guardare ai flussi su lunghe distanze, si deve guardare al trend di sviluppo del commercio per paesi prossimi geograficamente. Questo può dare un senso della misura di questa decomposizione della globalizzazione in un’altra “cosa”, multiregionale, quello che noi abbiamo chiamiamo multipolare”.

Chi può vincere questa guerra?
“Nessuno”.


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