L'identità: Storie, volti e voci al femminile Poltrone Rosse



Attualità

Emilio Salgàri patriota e la tradizionale confusione tra “risorgimentale” e “fascista”

di Francesco Da Riva Grechi -


Emilio Salgàri nasce a Verona nel 1862, muore in miseria e ignorato dal mondo letterario, togliendosi la vita, a Torino, nel 1911. A 20 anni pubblica il suo primo racconto “I selvaggi della Papuasia” in quattro puntate su un settimanale. Nel 1883, a soli 21 anni, Salgàri ottiene un grande successo con il romanzo “Le tigri della Malesia”.

In queste settimane, la Rai manda in onda una fortunata produzione tratta e ispirata dal Sandokan salgariano. Emilio Salgàri scrive più di 80 romanzi e un centinaio di racconti ambientati in ogni angolo del pianeta e immagina viaggi nelle località più remote anche se non si sposta mai dall’Italia. È il primo autore italiano di best sellers ma il successo di pubblico gli attira solo invidia e ostracismo da parte dei colleghi. Scrive di lui Luciano Curreri, docente di Lingua e Letteratura Italiana all’Università di Liegi, come riportato in rete: “Andava di moda l’esoterismo era il boom dell’editoria popolare, dei giornali illustrati, e lui, che lavorava come giornalista, trae ispirazione per i suoi romanzi dagli eventi che segue per i suoi articoli. Era uno scrittore bistrattato dalla critica e dagli ambienti letterari “.

Alessandro de Stefani, nel 1927, fu uno degli artefici del “Raduno degli artisti di tutte le arti”, un settimanale che già nel suo numero 1, del 31 dicembre 1927, aprì la prima pagina con una campagna pro-Salgari che sfoci  nel c.d. “caso Salgari”, lamentando come “l’uomo che aveva dei fedeli devoti fino all’eroismo […], l’uomo i cui romanzi andavano a ruba, è morto suicida per miseria“.

Gli editori, asseriva de Stefani, erano stati i suoi “effettivi assassini”. Sicuramente la cultura del fascismo fece di tutto per riabilitarlo e dargli quel successo di critica che coloro che lo avevano sfruttato in vita erano riusciti a toglierli, ma il punto è che, essendo morto nel 1911, non poteva essere accusato di connivenza con il fascismo.

L’enfasi e l’eroismo dei suoi personaggi, che tanto furono apprezzati e sono apprezzati dal pubblico, traevano piuttosto l’entusiasmo e soprattutto costituivano diretta espressione di quello “spirito risorgimentale” che almeno fino alla fine del sec. XIX° tanto ispirava il patriottismo nazionale italiano. Sicuramente ancora di più dopo il tormentato e sofferto epilogo vittorioso della grande guerra, ma anche prima di quest’ultima e della marcia su Roma, infervorava i giovani di casa nostra e li animava, come dovrà essere anche in futuro, di fiero ardimento patriottico. Senza avere nulla a che vedere con il fascismo, essendo più che sufficiente l’amore per il nostro risorgimento. Eppure nell’ipocrita, bigotta e colpevole cultura italiana sembra che prima del 1945 l’Italia non sia mai esistita, non ci sia stato altro che dittatura, violenza e infamia.

A parere di chi scrive, se questo è vero, è un profondo vizio di prospettiva, che deve essere corretto per ridare al popolo italiano l’orgoglio patriottico piantato nella storia risorgimentale, civile e militare, di Unità, Indipendenza e Libertà, di sacrificio per la Patria, che ogni italiano merita o dovrebbe meritarsi. E nel pensiero o nell’azione di Mazzini, di Cavour o di Leopardi, di Carducci, una vocazione autoritaria, non è mai apparsa, tutt’altro, è l’amore per la libertà da riscoprire oggi. 


Torna alle notizie in home