Garlasco, verità sotto attacco: il prezzo di riaprire un caso scomodo
La riapertura delle indagini con l'iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio svela nuove verità
Una regia oscura, che muove le fila di un’indagine che è solo fumo e messinscena. Contro la quale sono ormai schierati in assetto di guerra grandi conduttori e opinionisti, che nell’ipocrita mission di fare informazione, quando in realtà ciò che conta sono solo quegli ascolti “sporchi e subito”, attaccano a viso aperto, nei loro salotti “buoni” della tv, un intero pool di magistrati, reo di aver riaperto il caso Garlasco con l’iscrizione di Andrea Sempio nel registro degli indagati per omicidio in concorso con altre persone, e un reparto d’eccellenza dei carabinieri di Milano, trattato al pari di servi della gleba al servizio di Alberto Stasi che vuole uscire di galera.
Farebbe già ridere così, se non fosse che l’ilarità non si coniuga per nulla con una ragazza, Chiara Poggi, massacrata in casa sua quella mattina del 13 agosto 2007. Una giovane che, forse, non ha avuto giustizia, nonostante la Cassazione, dopo due sentenze di assoluzione, dice che il suo assassino è Stasi. Oltre ogni ragionevole dubbio. E in nome del popolo italiano. Perché non è un dettaglio irrilevante che lo Stato amministri la giustizia in nome del popolo italiano. E che oggi quello stesso Stato, di cui magistrati e carabinieri sono servitori, si stia muovendo, convinto che sia stata commessa un’ingiustizia e che gli assassini di Chiara sono ancora liberi, per sanare un errore.
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Eppure più di qualcuno non è d’accordo, perché ammettere di aver sbagliato può portare conseguenze, può infliggere un colpo mortale ad una giustizia che già sta ai minimi storici per il livello di fiducia che i cittadini ripongono nella magistratura. E può perfino scoperchiare il vaso di Pandora sui poteri forti che continuano a muoversi intorno a questa terribile storia. E allora tanto vale sparare alto, dileggiare l’operato di un procuratore, Fabio Napoleone, dipinto come il capopopolo di una follia collettiva che cerca fantasmi in un omicidio dove l’assassino è già stato sacrificato.
E che avalla addirittura le scorrettezze investigative dei carabinieri di Milano, accusati da pensionati dal volto oscurato di aver inscenato il teatrino alla roggia di Tromello, per recuperare fintamente oggetti metallici presumibilmente legati al giorno del delitto che in realtà sarebbero stati consegnati in separata sede da un uomo misterioso. Il tutto nel silenzio più totale delle rappresentanze sindacali della magistratura, in prima linea quando c’era da difendere le toghe rosse finite nel tritacarne mediatico per gli sproloqui contro il governo Meloni, ma nel più totale silenzio mentre a reti unificate fanno scempio di Napoleone e dei suoi. Che tra l’altro non è certo della parrocchia opposta, né l’ultimo degli uscieri, visto che è stato consigliere del Csm, procuratore antimafia e antiterrorismo, ha gestito lo scandalo Telecom-Sismi e, da quando è stato mandato a Pavia, si è dedicato al repulisti. Anzi, per meglio dire, a Clean e Clean 2, inchieste che avrebbero portato alla luce un sistema di corruzione che avrebbe lambito anche il palazzo giudiziario, con inchieste inquinate e favori. E non è un caso che il suo predecessore Mario Venditti, proprio colui che per ben due volte ha archiviato in tempi record Sempio, è ora indagato a Brescia per la presunta gestione opaca dei fondi della Procura.
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