Ilaria Salis e l’odio per i poliziotti che vale più della vita
Le parole di Ilaria Salis sulla tragedia di Casale d’Azzano, dove tre carabinieri hanno perso la vita, mostrano quanto certa politica abbia smarrito ogni bussola morale. Davanti alla morte di tre servitori dello Stato, la deputata Avs ha parlato non di tragedia e dolore, ma di “emergenza abitativa”. Come se la vita di un uomo valesse meno di uno sfratto.
Salis la nuova testimonial della sinistra delle contraddizioni
La vita, però, è sacra. Sempre. Anche quando non si amano le divise. Ma per chi ha fatto dell’antagonismo una professione, il rispetto sembra un optional. Dal carcere di Budapest ai banchi del Parlamento, la parabola di Salis è emblema delle contraddizioni della sinistra radicale, predicano libertà e rispetto dei diritti umani ma selezionano le vittime, parlano dei diritti ma dimenticano doveri e rispetto. Bonelli e Fratoianni nel comune sentire popolare, incarnano la sinistra da salotto, neoborghesi, moraleggianti, prontissimi a sfilare per ogni causa purché non si sporchino le scarpe.
I lavoratori veri, gli operai, gli agenti, gli infermieri, gli insegnanti che tengono in piedi il Paese restano senza voce. È questa la fotografia più amara, di una sinistra che si specchia, ma non guarda. Oggi si produce indignazione a chilometro zero, coscienze bio-degradabili, deputati da riciclo. Prima Soumahoro, poi Salis, la staffetta del moralismo. Quando il fango del primo ha cominciato a puzzare, via il prodotto difettoso; ecco la nuova testimonial, più europea e garantita dalla detenzione ungherese.
E mentre tre carabinieri muoiono durante uno sgombero, l’onorevole ci spiega che il problema è l’emergenza abitativa. Come se il sangue potesse essere giustificato da un affitto non pagato. Chi brandisce la morale come un randello smette presto di distinguere tra compassione e ideologia. Così Bonelli e Fratoianni arrivano, puntuali, con la solita formula, “siamo stati fraintesi”. Il riciclo delle colpe è il loro ecologismo più riuscito. Non rappresentano più gli operai, ma gli influencer; non le piazze, ma le dirette streaming; non gli stivali ma le sneakers vegane.
Il club esclusivo della nuova sinistra
Cesare Pavese, avrebbe sorriso con amarezza: «Ogni atto di ribellione è anche un atto di superbia; chi vuole cambiare il mondo spesso non sopporta di guardarlo per quello che è». Ecco la nuova sinistra, un club esclusivo che sogna la rivoluzione dei padri ma senza più toccare la terra che essi calpestavano con la fatica del lavoro. I veri lavoratori e le vittime di un sistema inefficiente non hanno uffici stampa né avatar, restano soli. Sono loro la sinistra dimenticata, quella che non ha più fabbriche ma continua a morire di lavoro per il lavoro – come i tre carabinieri che l’Italia piange.
Cara Ilaria Salis, la vita, anche quella di chi indossa una divisa, non è un dettaglio minore nel romanzo dell’indignazione permanente. Perché quando il volgare cinismo della politica, smette di guardare all’uomo, interpretare la rivoluzione che non verrà è soltanto un atto di superbia che favorisce il proprio vantaggio.
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