Dossier Ai

L’India si fa la sua intelligenza artificiale mentre l’Europa resta a guardare

di Giovanni Vasso -


L’India è pronta a farsi la “sua” intelligenza artificiale. Anche Delhi supera l’Europa che, tuttora, resta senza un campione digitale capace di imporsi e dire la sua sul dinamicissimo scacchiere internazionale dell’innovazione. Si chiamerà Hanooman, e non per caso. Nel pantheon indù, infatti, Hanuman è il dio dalle sembianze semi-scimmiesche della saggezza e della forza. Al di là dei richiami culturali, il modello Ai indiano è Llm, large language model. L’India, prima che una delle nazioni emergenti, è un subcontinente popolato da 1,4 miliardi di persone. Che parlano ben 22 lingue differenti, e tutte ufficiali, nemmeno riconducibili, molto spesso, allo stesso albero genealogico. Un ostacolo non da poco per Hanoonman che, per il momento, sarebbe in grado di interagire con undici idiomi diversi, quelli che contano le comunità di parlanti più ampie del Paese. Il progetto è sostenuto da ben otto università e finanziato, tra gli altri, da Mukesh Ambani. Un nome, un patrimonio. Da 112,1 miliardi di dollari secondo le stime di Forbes. Ambani, o meglio il suo progetto di Ai, sarebbe pronto a essere lanciato già a marzo. In pratica, già domani. C’è già anche il “veicolo” economico. Che rappresenta, più che un semplice nome, un programma economico e politico. La società “editrice” di Hanooman sarà, infatti, quello di BharatGpt. Ora, tolto il -Gpt che pare un omaggio a Sam Altman e alla sua ChatGpt (oltre che un attestato di vicinanza all’Occidente piuttosto che al sempre più ingombrante vicino cinese), Bharat è il nome con cui l’India ha intenzione di farsi conoscere nel mondo. È il nome ancestrale della patria indiana, che rifiuta il nome impostole dalla colonizzazione politica ed economica britannica che, a sua volta, utilizzò il toponimo usato dalla cultura classica grecoromana per indicare un Paese tanto lontano quanto meraviglioso. Ma l’India non è né sarà solo Hanooman. Ci sono in giro numerose start-up come Sarvam e Krutrim che, foraggiate dai nuovi maragià dell’economia, ambiscono a dire la loro sul mercato interno e su quello estero. Stando ai conti del report Nasscom-Bcg citato dall’agenzia Reuters, l’intelligenza artificiale indiana varrà fino a 17 miliardi di dollari entro il 2027. Non sembra granché ma a colpire sono i tassi di crescita che sono stati stimati, dal rapporto, in un range tra il 25% e il 35% annui da qui fino al prossimo triennio. Ecco, questi sono numeri importanti sul serio. Intanto l’Europa resta a guardare. La magrissima consolazione di aver burocratizzato, per prima, l’Ai con i suoi regolamenti rimane tale. Tutto il mondo si muove per dire la sua, all’Ue basta baloccarsi con direttive e normative.


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